AFP/Getty Images
Chiesa e Pjaca: imparate da Insigne
Ci sta, perché ci sta. Perdere a Napoli non è un dramma è niente di impronosticabile. Certo, dispiace, prendere anche solo un punticino in un ‘San Paolo’ vestito a contestazione sarebbe stato produttivo in termini di autostima. Ma tant’è, e non resta che vedere il lato positivo dell’accaduto: in settimana ci sarà subito tempo di rifarsi, a Genova. Immediatamente al lavoro, dunque, senza il tempo materiale per soffermarsi troppo sui dolori patiti in Campania.
Analizzare gli errori, però, sì. È stata un’amara seicentesima panchina in carriera per Stefano Pioli. La sua squadra aveva retto bene, forte anche di un ritrovato Veretout, rientrato dopo le tre giornate di squalifica. Le due vittorie in avvio di campionato avevano dato la consapevolezza di potersela giocare. E i viola lo hanno fatto, in modo rinunciatario. Niente da obiettare, da criticare, davanti alla seconda forza della scorsa stagione. La tattica, poi, si è trasformata in dolore: la formazione si è progressivamente abbassata, dando il gioco al Napoli e venendo infilata da un vero calciatore. Insigne. Controllo e tiro, bruciati Pezzella e Dragowski. Imprendibile per i difensori, tecnicamente una spanna sopra gli altri. Peccato, mancavano dieci minuti e con un pizzico di accortezza in più – magari senza schiacciarsi troppo – il viaggio per Firenze poteva essere più positivo.
Una partita decisa da un guizzo, al di là degli aspetti tattici. Dal “fenomeno” avversario, quel che dovranno essere Chiesa e Pjaca nell’arco della stagione. Prendano spunto da chi li ha puniti oggi per far male un domani. Dai loro spunti decisivi passeranno le sorti della Fiorentina. Il Napoli insegni: controllo e tiro fulminei possono valere tre punti, quando meno te lo aspetti.
Dragowski ha mostrato segnali di ripresa rispetto alle esibizioni passate, sebbene le sue qualità siamo state giudicate per partite – disputate discutibilmente, certo – troppo distanti l’una dall’altra. E ai portieri serve continuità per un rendimento che rispecchi realmente il loro valore. Con il rientro di Lafont, il polacco tornerà in panchina, ma con il Napoli ha dato lampi incoraggianti. Anche se, pallone tra i piedi, regala la stessa sicurezza di un grattacielo di sabbia al sole.
Cos’è mancato per fare risultato? Lo ha spiegato nel migliore dei modi Veretout, via mezzi termini: “Un po’ tutto”. Una prestazione a metà, incompleta, nel cui giudizio vanno considerati i tardivi rientri a Firenze di vari giocatori, tra cui uno scialbo Simeone, un calice pregiato annacquato dalla difesa partenopea. Testa a mercoledì: lì, davvero, sarà vietato perdere.
Analizzare gli errori, però, sì. È stata un’amara seicentesima panchina in carriera per Stefano Pioli. La sua squadra aveva retto bene, forte anche di un ritrovato Veretout, rientrato dopo le tre giornate di squalifica. Le due vittorie in avvio di campionato avevano dato la consapevolezza di potersela giocare. E i viola lo hanno fatto, in modo rinunciatario. Niente da obiettare, da criticare, davanti alla seconda forza della scorsa stagione. La tattica, poi, si è trasformata in dolore: la formazione si è progressivamente abbassata, dando il gioco al Napoli e venendo infilata da un vero calciatore. Insigne. Controllo e tiro, bruciati Pezzella e Dragowski. Imprendibile per i difensori, tecnicamente una spanna sopra gli altri. Peccato, mancavano dieci minuti e con un pizzico di accortezza in più – magari senza schiacciarsi troppo – il viaggio per Firenze poteva essere più positivo.
Una partita decisa da un guizzo, al di là degli aspetti tattici. Dal “fenomeno” avversario, quel che dovranno essere Chiesa e Pjaca nell’arco della stagione. Prendano spunto da chi li ha puniti oggi per far male un domani. Dai loro spunti decisivi passeranno le sorti della Fiorentina. Il Napoli insegni: controllo e tiro fulminei possono valere tre punti, quando meno te lo aspetti.
Dragowski ha mostrato segnali di ripresa rispetto alle esibizioni passate, sebbene le sue qualità siamo state giudicate per partite – disputate discutibilmente, certo – troppo distanti l’una dall’altra. E ai portieri serve continuità per un rendimento che rispecchi realmente il loro valore. Con il rientro di Lafont, il polacco tornerà in panchina, ma con il Napoli ha dato lampi incoraggianti. Anche se, pallone tra i piedi, regala la stessa sicurezza di un grattacielo di sabbia al sole.
Cos’è mancato per fare risultato? Lo ha spiegato nel migliore dei modi Veretout, via mezzi termini: “Un po’ tutto”. Una prestazione a metà, incompleta, nel cui giudizio vanno considerati i tardivi rientri a Firenze di vari giocatori, tra cui uno scialbo Simeone, un calice pregiato annacquato dalla difesa partenopea. Testa a mercoledì: lì, davvero, sarà vietato perdere.