Violamania:| Cinquanta giorni dopo
Cosa è accaduto alla Fiorentina fra il suo apogeo stagionale, toccato il 22 dicembre scorso con il successo a Palermo, che fece arrivare i viola al terzo posto (ad otto punti dalla Juve capolista), e la sconfitta di sabato scorso, netta nel punteggio e nel gioco, che ha ricacciato i gigliati a sedici punti dalla vetta? A pensare a risolvere questo enigma dovrà provvedere innanzittutto il tecnico Vincenzo Montella, guardando negli occhi i suoi giocatori e analizzando i tantissimi dati a disposizione del suo staff. La gara di Torino di sabato scorso ha spazzato via gran parte delle certezze positive su cui si era fondato quel processo di crescita nato nel brillante girone d'andata.
Pochissimi gli aspetti da salvare della figuraccia dello Juventus Stadium: alcuni singoli evidentemente si sono beati dei complimenti ricevuti, e hanno smarrito l'umiltà che li aveva portati ad essere, forse con una certa frettolosità, idolatrati a Firenze. E' sempre bene ricordare il punto di partenza: la scorsa estate la Fiorentina è ripartita da una salvezza conquistata con lacrime e sangue, lo spogliatoio è stato rivoluzionato praticamente in toto, e nel club sono arrivate figure dirigenziali nuove, mentre altre hanno cambiato mansioni e indirizzo lavorativo. Tuttavia per gli investimenti fatti, le ambizioni della società e la 'fame' di tifosi, staff tecnico e spogliatoio, l'obiettivo finale deve essere, a prescindere dai quattro punti in sei partite raccolti proprio dopo la gara contro il Palermo, provare a lottare fino alla fine per un piazzamento nella futura Europa, fosse anche quella minore.
Come detto, il primo a doversi interrogare su cosa sia accaduto negli ultimi 50 giorni di Fiorentina dovrà essere Vincenzo Montella, che è stato il vero valore aggiunto dei gigliati nella prima parte di stagione, ma che forse ha visto emergere tutta la sua inesperienza ad alti livelli in queste ultime settimane: ha sottovalutato la questione portieri, gestita male e 'ripresa per i capelli' solo perché Neto ha fallito e Viviano non ha alzato i toni (né ha trovato una squadra cui essere ceduto a gennaio); non ha provveduto ad evitare la prevedibilità del gioco viola, ancorandosi ad un 3-5-2 che ormai è diventato di facile lettura degli avversari, e con poche alternative a disposizione, da cui l'altra accusa di aver avvallato un mercato invernale troppo pensato in chiave futura e poco al presente e all'immediato. Il vero errore del tecnico - che rimane comunque un punto di forza della realtà viola, e sulla cui fame di successi bisognerebbe aggrapparsi per non deprimersi in questo duro momento - è tuttavia quello di essere 'prigioniero' di Stevan Jovetic.
E' vero, le alternative al montenegrino scarseggiano, visto che Ljajic fino ad oggi ha fatto un solo gol ed ha accumulato una serie di prestazioni non sufficienti, e Larrondo ed El Hamdaoui a gennaio, per diversi motivi, non c'erano. Jo-Jo però è in crisi tecnica, fisica e psicologica. Fino ad oggi è stato difeso a parole e nei fatti da Montella, ma forse quella sostituzione a 20' dalla fine, sabato scorso, potrebbe essere più di un indizio. Montella mai come in questo momento deve azzerare le gerarchie, e ripartire da chi ha fame e umiltà: a Catania ha dimostrato il suo valore mettendo ad esempio in panchina uno come Maxi Lopez. Se lo Jovetic da mettere in campo è quello visto negli ultimi 50 giorni, se ne può fare anche a meno. A Firenze serve gente che faccia sudare quella maglia, non una 'prima donna', il cui furbo procuratore strizza l'occhio alle big nelle interviste. Uno che sotto di due gol, nel match più sentito dai tifosi, pensa a salutare l'arbitro e non ad affrettare l'uscita dal campo, possibilmente a capo chino, dopo l'ennesima pessima prestazione.