Villas Boas, il nuovo "Special One" che piace alla Roma
"Non ho mai pensato di fare il calciatore, del resto non ne avrei avuto il tempo". Dare al mondo la prova della sua concretezza, pochi giri di parole e tanto lavoro: la filosofia di Andrè Villas Boas è quella di Josè Mourinho, professionisti nati e cresciuti all'ombra di Bobby Robson.
"Devo tutto a Robson, se non fosse stato per lui difficilmente avrei intrapreso la carriera da allenatore". Non dimentica, Villas Boas. Mentre i suoi amici pensavano alla scuola ed al divertimento, lui iniziava la scalata al calcio che conta: il primo incarico, a 17 anni, è di quelli che spalancano le porte all'Europa; viaggia molto, impara tanto, ed emerge subito per la puntualità con cui redige i suoi rapporti per il tecnico inglese. "Questo ragazzo farà strada" era solito dire ai suoi collaboratori: una profezia che negli anni è diventata realtà. Quattro anni sotto l'ala protettiva di Sir Bobby ed ecco il grande salto: assistente del commissario tecnico delle Isole Vergini, un ruolo che permette a Villas Boas di consolidare la sua esperienza internazionale. Dopo 18 mesi il ritorno al Porto: gli scenari, in quasi due anni, sono profondamente cambiati e , dopo una breve esperienza come allenatore dell'Under 19 biancorossa, grazie a Josè Mourinho l'orizzonte gli regala lla prima squadra. Cresciuti e maturati insieme, lo Special One non trascura la capacità di osservazione di Villas Boas, promuovendolo come suo braccio destro. "Andrè rappresenta i miei occhi e le mie orecchie" commenterà in seguito Mourinho, ricordando la precisione con cui il suo collaboratore compilava i dossier sugli avversari, una joint venture che durerà anche nei periodi da tecnico del Chelsea e dell'Inter. Con l'allenatore di Setubal, Villas Boas costrusice un rapporto fatto di stima reciproca ed in quest'ottica Mou "benedice" la decisione del giovane collega di cominciare ad allenare in prima linea: l'opportunità gliela dà l'Academica di Coimbra, squadra in piena lotta per non retrocedere, spezzata in due dalle dimissioni di Rogerio Goncalves. Il metodo del tecnico è semplice, ma quantomai efficace: parlare chiaro ai calciatori, alla ricerca della compattezza e della totale votazione al lavoro di squadra. I risultati non tardano ad arrivare, in poco più di otto mesi la zona critica è solo un ricordo ed a fine stagione la compagine bianconera si piazza all'ottavo posto. In patria si moltiplicano gli accostamenti a Mourinho, ma la scaltrezza di Villas Boas evita sempre paragoni scomodi: eppure, le similitudini con il tecnico di Setubal sono piuttosto lampanti, sia per la velocità della scalata, sia per la "gavetta illustre", agli ordini dello stesso mentore. Nell giugno del 2010 il ritorno al Porto è dall'entrata principale: a Villas Boas sono affidate le redini della prima squadra, un gruppo di giocatori costruito da Mourinho e plasmato da Jesualdo Ferreira, colui che aveva raccolto la sua eredità. La passerella con i colori del cuore è trionfale: in un anno Villas Boas conquista la Supercoppa portoghese ed il campionato, strappando al Benfica il titolo con 5 giornate di anticipo. A 34 anni è considerato uno degli allenatori del futuro, il nuovo Special One che piace tanto alla Roma.