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Vieri contro Moratti: 'Trattato da mafioso'
Bobo Vieri: "Inter, mi hai trattato da mafioso, ma ti amerò sempre".
L'ex attaccante nerazzurro ha dichiarato in un'intervista alla Gazzetta dello Sport: "Ho vinto poco, ma con quella maglia ho vissuto emozioni mai più sentite altrove. Io e Moratti: ora vi racconto tutto, intercettazioni telefoniche comprese".
Vieri, sta pensando a una carriera da tecnico?
"Presto mi iscriverò al corso allenatori negli Stati Uniti, mi sto informando".
Negli Usa?
"Beh, ormai vivo lì, a Miami".
Ogni tanto la vediamo ancora sui campi...
"Sì, mi diverto con Juve Legends e Milan Glorie".
Ha tenuto rapporti con Juve e Milan?
"Sento spesso Andrea Agnelli, grande dirigente. Da quando ha preso in mano la situazione, la Juve è tornata ai massimi livelli, sia in Italia sia oltre confine. Il Milan? Beh, lì mi trattano come se avessi giocato con loro per un decennio, e ringrazio in particolare Alessandro Spagnolo, Mauro Tavola e Flavio Farè".
Sono passati anni, però in molti, soprattutto fra i tifosi, non hanno ancora capito come si possa essere arrivati a una rottura così dura fra lei e l’Inter. "È davvero un peccato che sia finita in un determinato modo. Amavo l’Inter, ho dato tutto, mi sono ammazzato per la maglia nerazzurra, ogni giorno. Agli allenamenti ero il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. Non mi sono mai tirato indietro e a volte ho giocato nonostante non stessi in piedi. Però, mi dicevano: vai in campo, resta lì davanti anche fermo, che per noi va bene così. E io accettavo, perché ci tenevo davvero, anche a costo di fare figure di merda... Sì, scriva così. Il mio rapporto con Moratti era speciale, forte, decisamente forte. Ci sentivamo parecchie volte durante il giorno, anche alle 3 del mattino, ci confrontavamo su ogni cosa. Mi faceva sentire uno di famiglia. Insomma, stavo bene professionalmente e umanamente, e davo ogni mia energia per la squadra. Capite bene la terribile delusione nel momento in cui è emerso che mi pedinavano e addirittura intercettavano. Cavolo, queste sono cose che si fanno coi mafiosi...".
Ma non ha mai avuto segnali che qualcosa si stesse incrinando con Moratti?
"Diciamo che dopo l’arrivo di Adriano le telefonate con il presidente si erano fatte meno frequenti...".
Della serie: arriva il nuovo campione...
"Ma io so come vanno le cose, in particolare nel calcio. Bastava parlarci direttamente e non avrei avuto problemi ad andarmene in buoni rapporti. C’era aria di rinnovamento e dopo sei anni era forse anche normale puntare su altri giocatori. Ma perché non vedercela fra di noi, in amicizia? Perché cercare la rottura in quel modo? Un giorno dissi: 'Presidente, non ti preoccupare, se devo andarmene basta che me lo dici, non ci sono problemi'. E lui: 'No, no. L’Inter siamo io e te, le colpe sono sempre nostre per gli altri, le responsabilità ce le prendiamo sempre noi due. Ti voglio al mio fianco...'. Io allora insisto, per essere sicuro: 'Davvero presidente, se ci sono problemi...'. Risposta secca: 'Va tutto bene!'. Altro che tutto bene quando poi vieni a scoprire di essere intercettato...".
E se incontrasse ora Moratti?
"Gli stringerei la mano. E lo abbraccerei anche. Lo ringrazierò comunque sempre: mi acquistò a peso d’oro dalla Lazio e mi ha permesso di vivere sei anni meravigliosi, travolto a lungo dall’amore della gente nerazzurra. Penso addirittura che mi amassero troppo. Però mi piaceva essere il loro simbolo, sentivo la pressione ma mi esaltava vederli tanto orgogliosi di me. Mi dicevano: 'Con te possiamo fare la guerra a chiunque'. Era bello! Entravamo per il riscaldamento e lo stadio tremava, queste sono sensazioni che vanno oltre ogni trofeo. E solo la gente che era lì in quegli anni può capirlo".
Che cos'è oggi l'Inter per lei?
"Ne ho sentite dire tante in giro, ma io non potrei mai odiare l’Inter, questo sia chiaro a tutti. È impossibile, sono stati i miei migliori anni, mi sono spaccato per quella maglia, ho segnato quasi un goal a partita, ho sofferto, gioito e provato emozioni che non ho mai più avvertito da altre parti. E tutto ciò nonostante le poche vittorie. Quelle emozioni erano uniche, perché vissute in simbiosi coi tifosi".