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    Italia, Ventura è già a fine corsa: la 'brutta' favola della volpe e l'uva

    Italia, Ventura è già a fine corsa: la 'brutta' favola della volpe e l'uva

    • Giampiero Timossi
    Sarà un'avVentura. Tutta la storia di Giampiero Ventura sulla panchina della Nazionale ha assunto i contorni di un incredibile paradosso. E lo ha fatto con una velocità disarmante. Questa, in verità, appare al momento la vera anomalia, perché prima o poi il destino degli allenatori e dei selezionatori deve fare i conti con le critiche. Non è stata la sconfitta nell'amichevole con la Francia ad accendere la prima contestazione. La discussione si è fatta accesa ieri sera, a poche ore dalla prima gara ufficiale, quella in Israele, Nazionale contro la quale gli azzurri fin qui non hanno mai perso. È la notte di domenica a fare chiarezza sui contorni del problema. Che si delineano con due interviste rilasciate a Rai Sport da Ventura e da Marcello Lippi. La Domenica Sportiva manda in onda le parole del commissario tecnico e di chi invece doveva ricoprire il ruolo di direttore, vertice tecnico dell'Italia post-Conte disegnata dalla coppia di federali Tavecchio-Uva. E giusto per cancellare qualsiasi equivoco Lippi dichiara che lui l'incarico di direttore tecnico lo ha anche ricoperto, che aveva firmato un precontratto con la Figc e in due mesi di lavoro (non retribuito, sembra di capire) aveva anche visionato i candidati per il ruolo di nuovo ct, Montella compreso. «E alla fine abbiamo scelto Ventura», spiegava Lippi con la faccia infuriata di chi sembra aver vissuto l'estate senza sole del 1816. «Abbiamo», dice il direttore tecnico in pectore. Bene, perché allora Lippi ha deciso di non accettare più quell'incarico? È sempre lui a spiegarlo, ricordando la norma federale che gli impediva di ricoprire qualsiasi ruolo in Federcalcio vista l'incompatibilità con la professione di suo figlio Davide Lippi, procuratore. Un conflitto di interesse che la coppia Tavecchio-Uva non potevano ignorare: la norma è della Figc, loro sono i vertici della Figc. Dettaglio che l'ex ct campione del Mondo ricorda e ricorda sempre nell'intervista. 

    Seconda chiacchierata, ancora davanti  alle telecamere della Rai, dove Giampiero Ventura confessa il proprio disagio. In sintesi:«Basta paragoni, questa è la mia Italia, a Conte dico goodbye». Anche in questo caso il viso sempre abbronzato di Ventura pare riemergere dall'estate senza sole di 200 anni fa. È la rappresentazione perfetta di quando sta accedendo. I giocatori, Buffon in testa, stanno con il nuovo ct e lo dicono e tra i convocati è più che lecito credere che sia davvero così. Più difficile credere che basti.  Lippi ha preferito Ventura, lo ha scelto, lo ha imposto. Lo ha difeso, subito, prima dell'ufficialità, quando gli spifferi di Palazzo Chigi soffiavano su un candidato giovane, Montella, ct dal profilo più renziano. Lippi aveva un progetto e al centro del progetto c'era Ventura. Lippi in Federazione non c'è, il suo progetto non esiste più e Ventura resiste. La congrega del Charuto criticò quella decisione, ma almeno era  una scelta. Poteva curare in parte  i mali del calcio italiano, le difficoltà del settore giovanile, l'incapacità di portare una terza squadra in Champions League. Lippi, piaccia o no, è uomo di esperienza, ma anche di visioni ampie e spesso vincenti. Fu così quando conquistò il Mondiale tedesco o quando consigliò alla Juventus di ingaggiare Conte per colmare il divario con la concorrenza dopo Calciopoli.  Invece no, un'altra storia sembra già scritta: Ventura spalle al muro, nostalgie, voglia di un nuovo ct. Sembra la favola della volpe e dell'uva. 

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