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Una sola vittoria su 7 in Europa: Allegri, anche questi sono fatti. E il futuro è sempre più a rischio
Massimiliano Allegri evoca i numeri, chiede di parlare di fatti e di non fermarsi alle etichette e alle cazzate. Messa giù così, è una dichiarazione difficile da non condividere e da sposare; poi però ogni frase detta in pubblico, a maggior ragione se hai la responsabilità tecnica di una squadra come la Juventus, va contestualizzata e analizzata in maniera precisa. E i dati della gestione Allegri 2.0 raccontano una verità diversa rispetto a quella raccontata ieri in un post-partita in cui l'adrenalina scorreva ancora a fiumi e la tensione per gli eventi delle ultime settimane sembravano aver lasciato il segno. Nella stagione in corso, con 34 reti realizzate e 17 subite, i bianconeri vantano il sesto miglior attacco della Serie A e la seconda difesa meno battuta. Cifre certamente in miglioramento rispetto a quelle drammatiche della stagione 2021/2022, chiusa con l'undicesimo rendimento a livello offensivo (57 gol) e la quarta difesa (37 reti subite), ma non esattamente rispondenti ai proclami dell'allenatore livornese, che reclamava con orgoglio di aver sempre primeggiato con le sue squadre in queste specifiche classifiche.
Il problema qui è un altro però e guarda al futuro prossimo e meno prossimo della guida tecnica della Juventus. Aggrappata ancora alla speranza di disputare un'Europa League da protagonista e giocarsi al meglio le proprie chance in Coppa Italia contro l'Inter per dare un senso ad una stagione fortemente segnata dalla precoce eliminazione dalla Champions e da un campionato sul quale la penalizzazione di 15 punti ed il rischio di nuove sanzioni per l'inchiesta sul fronte stipendi sono punti di domanda troppo grandi per essere ignorati. Sarà fondamentale dunque per Allegri giocarsi al meglio le proprie carte per provare a non concludere con zero tituli la sua seconda stagione dopo il ritorno in sella nell'estate 2021, ma sarà ancora più significativo dimostrare da qui a giugno di avere un piano preciso di come valorizzare un organico in cui tante, troppe individualità continuano a non essere adeguatamente supportate.
Se Bremer continua a vivere di amnesie che stonano e non poco rispetto al rendimento mostruoso almeno del precedente campionato con addosso la maglia del Torino; se Paredes e Locatelli sono giocatori che con le loro nazionali riescono ad esprimere un talento che coi colori bianconeri addosso prontamente sbiadisce, se Chiesa e Vlahovic - al netto delle condizione fisiche - in molteplici circostanze, in passato e nel presente, sono stati costretti ad un lavoro di ripiegamento per toccare quei palloni di cui avrebbero bisogno per esprimersi, anche qui ci troviamo al cospetto di dati oggettivi. Di fatti. La fase offensiva di un club del prestigio e del blasone della Juventus non rende merito alla sua storia e contro un avversario nettamente inferiore come il Nantes i problemi sono puntualmente riemersi.
Problemi che si protraggono da tempo e ai quali si è ancora posto rimedio. Entrerà anche questo nel computo delle valutazioni che la proprietà e la nuova dirigenza della Juventus saranno chiamate a fare prima di decidere a chi affidare il nuovo corso. Il terremoto societario che ha portato all'annullamento del precedente management e all'allontanamento delle figure di riferimento per Allegri sono questioni che non possono essere sottovalutate, esattamente come la scadenza del contratto fissata per l'estate 2023 e con un ingaggio da 7 milioni netti più bonus. Quelle che oggi non possono che essere dichiarazioni e prese di posizione di circostanza da parte degli attuali dirigenti - Allegri è il nostro allenatore, Allegri è il nostro punto di riferimento - andranno rilette sotto un'altra veste. Perchè, se i numeri sono l'unica che conta per addentrarsi in determinate analisi, anche il fatto che in 7 partite europee giocate quest'anno la Juve abbia vinto una volta sola contro il Maccabi merita attenzione.
Le suggestioni legate alle candidature di Conte e Zidane, le piste meno esotiche che conducono a Gasperini e agli altri allenatori accostate al club bianconero sono destinate a riacquisire forza e consistenza se l'attuale corso tecnico non produrrà una svolta reale, un concreto segnale di discontinuità rispetto al percorso intrapreso un anno e mezzo fa. La rivoluzione che dalla prossima estate è destinata ad investire la Juventus passa pure da una politica dei costi ed una gestione molto più attenta alla valorizzazione degli investimenti della società, a maggior ragione sempre più improntati all'abbattimento dell'età media di una delle rose più anziane e costose in Europa. Per Allegri ci sarà ancora spazio?
Il problema qui è un altro però e guarda al futuro prossimo e meno prossimo della guida tecnica della Juventus. Aggrappata ancora alla speranza di disputare un'Europa League da protagonista e giocarsi al meglio le proprie chance in Coppa Italia contro l'Inter per dare un senso ad una stagione fortemente segnata dalla precoce eliminazione dalla Champions e da un campionato sul quale la penalizzazione di 15 punti ed il rischio di nuove sanzioni per l'inchiesta sul fronte stipendi sono punti di domanda troppo grandi per essere ignorati. Sarà fondamentale dunque per Allegri giocarsi al meglio le proprie carte per provare a non concludere con zero tituli la sua seconda stagione dopo il ritorno in sella nell'estate 2021, ma sarà ancora più significativo dimostrare da qui a giugno di avere un piano preciso di come valorizzare un organico in cui tante, troppe individualità continuano a non essere adeguatamente supportate.
Se Bremer continua a vivere di amnesie che stonano e non poco rispetto al rendimento mostruoso almeno del precedente campionato con addosso la maglia del Torino; se Paredes e Locatelli sono giocatori che con le loro nazionali riescono ad esprimere un talento che coi colori bianconeri addosso prontamente sbiadisce, se Chiesa e Vlahovic - al netto delle condizione fisiche - in molteplici circostanze, in passato e nel presente, sono stati costretti ad un lavoro di ripiegamento per toccare quei palloni di cui avrebbero bisogno per esprimersi, anche qui ci troviamo al cospetto di dati oggettivi. Di fatti. La fase offensiva di un club del prestigio e del blasone della Juventus non rende merito alla sua storia e contro un avversario nettamente inferiore come il Nantes i problemi sono puntualmente riemersi.
Problemi che si protraggono da tempo e ai quali si è ancora posto rimedio. Entrerà anche questo nel computo delle valutazioni che la proprietà e la nuova dirigenza della Juventus saranno chiamate a fare prima di decidere a chi affidare il nuovo corso. Il terremoto societario che ha portato all'annullamento del precedente management e all'allontanamento delle figure di riferimento per Allegri sono questioni che non possono essere sottovalutate, esattamente come la scadenza del contratto fissata per l'estate 2023 e con un ingaggio da 7 milioni netti più bonus. Quelle che oggi non possono che essere dichiarazioni e prese di posizione di circostanza da parte degli attuali dirigenti - Allegri è il nostro allenatore, Allegri è il nostro punto di riferimento - andranno rilette sotto un'altra veste. Perchè, se i numeri sono l'unica che conta per addentrarsi in determinate analisi, anche il fatto che in 7 partite europee giocate quest'anno la Juve abbia vinto una volta sola contro il Maccabi merita attenzione.
Le suggestioni legate alle candidature di Conte e Zidane, le piste meno esotiche che conducono a Gasperini e agli altri allenatori accostate al club bianconero sono destinate a riacquisire forza e consistenza se l'attuale corso tecnico non produrrà una svolta reale, un concreto segnale di discontinuità rispetto al percorso intrapreso un anno e mezzo fa. La rivoluzione che dalla prossima estate è destinata ad investire la Juventus passa pure da una politica dei costi ed una gestione molto più attenta alla valorizzazione degli investimenti della società, a maggior ragione sempre più improntati all'abbattimento dell'età media di una delle rose più anziane e costose in Europa. Per Allegri ci sarà ancora spazio?