Un cappuccino con Sconcerti: Inter, sì all'azionariato popolare. E Milano è la città giusta per riuscirci
Sono d’accordissimo con quei tifosi dell’Inter che stanno cercando di diventare associazione e quindi entrare nella società. Non solo è un progetto che ha già dimostrato di poter esistere, ma è anche il più adatto a una città come Milano e il più vicino al nostro tempo. Credo semmai vada pensato come soluzione definitiva, complessiva, non solo come azione di controllo sull’azienda di maggioranza. E’ maturo il tempo in cui le città tornino a essere proprietari dei propri simboli identitari. E che la gente smetta di sognare a spese degli altri, ma contribuisca direttamente ai propri sogni.
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I modi sono molti e possono coinvolgere gli acquisti stessi di giocatori intesi come singoli fondi di investimento. Non dimenticherei nemmeno il terribile obolo diretto. Un euro al giorno da duecentomila persone per trecento giorni l’anno fanno sessanta milioni a stagione. Il problema sono le aziende di base, le Fondazioni di Real e Barcellona o le tre aziende madri del Bayern che hanno il 9 per cento ciascuna e mettono il vero contante, Allianz, Adidas e Audi. Come aver Fiat, Generali e Armani nella stessa società. Ma se c’è una squadra che lo può pensare è una squadra di una città come Milano. Auguri.
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I modi sono molti e possono coinvolgere gli acquisti stessi di giocatori intesi come singoli fondi di investimento. Non dimenticherei nemmeno il terribile obolo diretto. Un euro al giorno da duecentomila persone per trecento giorni l’anno fanno sessanta milioni a stagione. Il problema sono le aziende di base, le Fondazioni di Real e Barcellona o le tre aziende madri del Bayern che hanno il 9 per cento ciascuna e mettono il vero contante, Allianz, Adidas e Audi. Come aver Fiat, Generali e Armani nella stessa società. Ma se c’è una squadra che lo può pensare è una squadra di una città come Milano. Auguri.