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    Ulivieri scrive per CM: la pensione dei numeri dieci

    Ulivieri scrive per CM: la pensione dei numeri dieci

    Per quasi tutti il pensionamento è un passaggio traumatico. Anche per coloro che anelano al giusto riposo dopo anni di usurante lavoro, sia dal punto di vista fisico che mentale. Perché comunque vuol dire perdita del ruolo, preceduta spesso, anche se non avvertita, da un lento cammino sulla via del tramonto. Il passaggio è ancora più difficile per coloro che hanno avuto cariche di responsabilità e visibilità. Non fanno eccezione i calciatori che di responsabilità ne hanno (per il fatto di giocare di fronte a spettatori, pochi o tanti che siano) e anche di  visibilità. Per non parlare dei vantaggi: come quello di non fare la fila in un negozio di alimentari o addirittura in un ospedale.

    Ammettere a noi stessi di non essere più capaci di fare quello che abbiamo fatto fino a ieri è operazione difficile e altrettanto difficile è rendersene conto. In alcuni ruoli ci si arriva prima: il portiere che non afferra più certi palloni, prima dà la colpa ad una deviazione imprevista o ai difensori che hanno lasciato all'attaccante troppa libertà di calciare, poi capisce che non ha più i riflessi giusti. O un difensore, che perde duelli in velocità e arriva tardi sui rimpalli: prima dà la colpa ai centrocampisti che fanno poco filto, poi capisce. Vale lo stesso per un centrocampista, che non riesce più a fare pressing: prima incolpa gli attaccanti che lavorano poco nella fase di non possesso, poi si rende conto. 
    Altro discorso è per gli attaccanti e i numeri dieci: gli artisti. Per loro non vale perché hanno avuto sempre colpi di genio e il genio non si ingabbia e non appassisce con il passare degli anni. Rimane. Ma vengono meno velocità, reattività, forza, riflessi. Molto di loro, rigoristi specializzati, cominciano a sbagliare anche i rigori. 

    All'allenatore il compito di spiegare con coraggio e delicatezza, ma anche con chiarezza: non è facile. 
    A me è capitato, ma pur scegliendo spesso la via della chiarezza, sono stato in difficoltà. Un'eccezione, Franco Colomba, che ringrazio ancora: "Sono a disposizione per ciò che posso dare. Non sono più quello di una volta, quando mi chiamerai risponderò presente" - mi disse. 
    Ieri, alla fine di Italia-Bulgaria, una punizione dal limite. Ha calciato non so chi, ma toccava a lui, Andrea Pirlo. Uomo di centrocampo, ma artista, genio, poeta. Le telecamere lo hanno inquadrato:  "Mister, fammi entrare che faccio gol".Tutti abbiamo pensato la stessa cosa, lo abbiamo abbracciato e lo abbiamo tenuto stretto. Caro, grande, "vecchio" Andrea. 

    Renzo Ulivieri, presidente associazione allenatore, consigliere federale

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