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    Udinesemania: alla ricerca della propria identità

    Udinesemania: alla ricerca della propria identità

    L'Udinese è alla ricerca della propria identità, del proprio posto nel mondo, della propria individualità. La vittoria contro il Cagliari di domenica scorsa, anche se avvenuta con un risultato netto, non ha nascosto le lacune che questo inizio di stagione aveva già messo in evidenza. 

    La squadra fatica a creare gioco e anche l'agonismo e la fisicità, che talvolta sono riusciti a sopperire alle varie mancanze, sembrano essere ricordi lontani. Si è parlato più volte di un gruppo che necessita di motivazione, ma la domanda che andrebbe fatta è: come si fa a stimolare un giocatore dell'Udinese? Udine è vista come una tranquilla cittadina di provincia dove addestrare e crescere giovani talenti. Questa definizione corrisponde a realtà ma il pallone non è solo gioco sereno, non si può fare del calcio di serie A un gioco dove l’importante è partecipare perché la natura del calcio ad alti livelli prevede la voglia di vincere, di crescere e di raggiungere obiettivi sempre più alti. 

    Analizzando le ultime tre stagioni, possiamo notare come lentamente i bianconeri stiano vivendo una parabola discendente. Nella prima stagione dell'era Guidolin (2010/2011) l’Udinese ha mostrato il miglior calcio della serie A. Nella seconda stagione (2011/2012) l'eliminazione in Champions contro l'Arsenal non ha impedito di affrontare una bella avventura in Europa League sia con l'arrivo agli ottavi di finale sia con il sorprendente terzo posto che ha regalato la Champions bis. Purtroppo il rendimento del campionato preso in esame ha espresso un gioco meno armonioso, ma grazie al carattere e alla tenacia, i bianconeri sono riusciti a portare a casa il massimo. Nel terzo anno Guidolin (2012/2013) le lacune sono diventate quasi incolmabili, la squadra non si è più espressa ad altissimi livelli e, dopo l'eliminazione dal preliminare di Champions e il crollo in Europa League, si è vista una squadra che ha stentato anche nel campionato. Se non fosse stato per la sequenza di otto vittorie nel finale, la parola Europa sarebbe sparita per un bel po' dal vocabolario bianconero. 

    E arriviamo così ai giorni nostri: l'eliminazione nel preliminare europeo ha inflitto l'ultima ennesima batosta al morale dei ragazzi, che si ritrovano sistematicamente, di anno in anno, a dover lavorare con un gruppo che viene sfoltito, con compagni di squadra (ormai amici) che fanno le valigie e cercano fortuna in squadre più titolate, con nuovi giovani che arrivano per portare nuova linfa all'ambiente ma vengono metodicamente utilizzati con il contagocce (e il risultato è che questi ragazzi si sentono già sconfitti in partenza e si smarriscono). Una squadra di calcio non può essere gestita come un'azienda perché anche l’azienda più florida, se rimane ferma sempre sugli stessi obiettivi, non fa germogliare i suoi operai, anzi fa loro perdere la giusta verve. Mattone dopo mattone bisogna saper crescere, ma se ogni volta che il muro è pronto qualche pezzo di cemento si sgretola, non è facile ripartire. 

    Detto questo non tutto è da buttare, ma lo staff tecnico di Guidolin avrà molto da lavorare durante la sosta per le nazionali. Il filotto di otto vittorie dello scorso campionato ha dimostrato che la squadra c’è ed è agguerrita. Il ricordo di quell’impresa può essere un buon punto da cui ripartire, aggiustando il tiro e toccando i giusti nervi. I senatori di questo gruppo hanno nel sangue le qualità per risorgere. E i giovani? Le nuove leve hanno bisogno solo di minuti da giocare per dimostrare il proprio talento, per far vedere che anche loro possono far parte di un disegno vincente, per emergere. Forse il mister Guidolin dovrebbe pensarci e agire di conseguenza, perché è dal piccolo seme che nasce un albero robusto e capace di resistere alle intemperie. 

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