Tutti in classe dallo Zio Walter
Ad un certo punto, nel finale, ho temuto una interruzione televisiva per l’intervento di un cartello con scritto “sei su scherzi a parte”. Ciò che stavo ammirando non poteva essere vero. Da qualche parte doveva esserci una modifica, un gioco di prestigio, un trucco. Nel cappello stellato di Walter il Mago invece è uscito fuori un rapace e un branco affamato di selvaggi divora-caviglie, altro che coniglio. Una gara perfetta, sotto ogni punto di vista. Ben giocata in tutti i reparti e con una compattezza di squadra da prima della classe. Per un attimo ho immaginato il nostro mister alla lavagna con la bacchetta, i gessetti e una camicia ridicola che spiegava come si gioca al calcio e quali fossero i movimenti che una squadra deve tenere in campo.
Gira voce che nelle ore notturne su Rai3 le lezioni di matematica dei professori universitari saranno sostituite da un nuovo corso tenuto dal Ferguson di San Vincenzo, intitolato “tutti in classe dallo Zio Walter”. I grandi maestri si distinguono dalla massa per la capacità di far rendere gli alunni al massimo, più di quanto essi stessi credano. Ecco, dal primo all’ultimo calciatore, lo zio ha migliorato tutti. E ieri, l’intera squadra (eccetto forse Dossena) ha superato la vera, grande prova di maturità con 60/60. Le prestazioni di Pazienza il geometra non fanno più notizia, perché è un anno e mezzo che gioca bene, ma vedere un centrocampista di quantità, muoversi e raddoppiare a tutto campo e sbagliare il suo primo passaggio nei minuti di recupero, mi fa pensare che bisogna rinnovargli il contratto per almeno altri 3 anni. Gargano poi, credo che sia tornato dalla capitale a Napoli di corsa. Gli evidenti limiti tecnici non possono estromettere un calciatore che, se gioca così, ti permette di scendere in campo anche in 8. Maggio si è finalmente scrollato di dosso le fatiche del mondiale ed è tornato a livelli mostruosi. Un certo Riise, terzino sinistro puro, polverizzato da quell’uragano, mi ha quasi fatto pena. Tra primo e secondo tempo, credo che abbia chiesto di essere spostato sulla destra a causa di quella valanga azzurra. Dopo aver chiesto scusa ad Hamsik qualche settimana fa, oggi mi sento di fare lo stesso con Zuniga. Non ho mai creduto pienamente nel colombiano, anche quando giocava discretamente e l’ho ritenuto sempre improponibile sulla fascia sinistra. Ieri, mi ha letteralmente impressionato. E’entrato senza timore, e non ha sbagliato niente sia in fase difensiva che in quella propositiva, aumentando anzi, la spinta e la qualità del gioco. La difesa, quella composta dai tre li dietro, perché in realtà tutti e 11 hanno partecipato alla distruzione del gioco avversario, ha adoperato cazzuola, mattoni e calcestruzzo ed ha eretto un muro invalicabile. De Sanctis ci ha poi messo una pezza, nell’unico episodio pericoloso riuscito ai giallorossi. E poi che dire di quei tre? Ho avuto la fortuna di assistere alle mirabilie della MaGiCa e mai potevo pensare che si potesse riproporre un attacco così forte fino all’ultimo dei miei giorni. Invece, sono sbalordito. Solitamente le grandi punte attendono lo sviluppo del gioco per piazzare la stoccata vincente. Restano ai margini quando la squadra ha da svolgere solo compiti difensivi. Sinceramente osservare Hamsik che rincorre e ruba palla al terzino o Lavezzi che fa pressing sui primi portatori di palla fin sotto la curva avversaria per 95 minuti mi fa pensare che limiti a questa squadra davvero non possano mettersene. E infine lui. Parlare del mostro mi è veramente difficile. Io non ho mai visto un giocatore così. Ma che ruolo ha? Te lo ritrovi nella nostra area di rigore ad aiutare Cannavaro & co. e in un battito di ciglia, si presenta davanti alla porta avversaria sfondandola. E’un giocatore unico, determinante come pochi e gioca a tutto campo. Nel prossimo match, non mi meraviglierei che decidesse di infilarsi i guanti e prendere il posto anche di de Sanctis. Questo immenso atleta dietro la maglietta dovrebbe farsi stampare tutti i numeri. Che portento! In una serata a dir poco perfetta, purtroppo, dobbiamo registrare un episodio che ci fa masticare amaro e che vede il Pocho come protagonista. La reazione allo sputo potrebbe costarci caro e non vederlo nelle prossime gare, soprattutto nella super-partita contro il Divolo tra due giornate, sarà la perdita più grave che potesse capitarci. La squadra di zio Walter è una grande perché in ogni zona del campo un calciatore può essere sostituito senza far rimpiangere il “titolarissimo”. Sostituire il Pocho invece, è impossibile. Il limite del gol è cosa conclamata, ma senza di lui, il Napoli perde la pedina intorno alla quale gira tutto l’undici. Corre come un ossesso. Porta palla dalla linea di fondo sino al calcio d’angolo, facendo respirare tutto il team. Tiene impegnati almeno tre avversari sistematicamente. E poi in ogni momento della gara, con una delle sue accelerazioni, potrebbe spaccare la difesa avversaria e la partita. L’azione da cui scaturisce il rigore è da proiettare in qualche università. Il Pocho non è normale. Perdere un calciatore che gioca col mezzo modificato, senza casco, per tutta la partita, in questo momento fondamentale, non mi fa stare tranquillo. E allora lodi, lodi, lodi a tutti. E in particolare al professore livornese che secondo me, sta crescendo insieme a tutto l’ambiente. Vorrei sapere ancora in quanti lo definiscono “limitato”? Ieri, se si fosse trattata di una partita a poker, al fischio finale, dopo aver mostrato una coppia di Cavassi e chiuso il gioco con una scala reale ai ciucci, avrebbe potuto prendere il mazzo di carte ed infilarlo sotto l’ascella di mister Ranieri. Uno che allena ed ha allenato grandi squadre. No, no, non siamo su Scherzi a Parte e nemmeno sull’Isola che non c’è. Siamo di fronte ad una delle più belle realtà calcistiche degli ultimi anni e se quella del settennato fu denominata “la favola più bella”, questa qui ha tutte le carte in regola per provare ad eguagliarla. Grazie ragazzi. Voglio chiudere con un’espressione che vent’anni fa mi faceva impazzire e che oggi posso finalmente ripetere: se Milano chiama, Napoli risponde (Luigi Necco).