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    Tutti i Buffon che abbiamo conosciuto: dalla Juve in B alla chiesa, scommesse, coscienza civile e passione ultrà

    Tutti i Buffon che abbiamo conosciuto: dalla Juve in B alla chiesa, scommesse, coscienza civile e passione ultrà

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Non c’è un solo Gigi Buffon, ce ne sono tanti. Del campione troverete qui - scritti da validi colleghi - godibilissimi e puntuali ritratti, dell’uomo si prova ora a dare un contorno, una sfumatura, un colore.

    La premessa: quando Clark Kent entra in azione, si strappa la camicia e mostra la “S” sul petto. Ciak, azione, vai col film. Ma prima e dopo del supereroe, c’è un uomo. (Parentesi: la maglia da Superman Gigi l’ha indossata davvero, a conferma che anche il nostro è consapevole di aver vissuto una vita da film).

    C’è dunque il Gigi dodicenne che si innamora di N’Kono - chiamerà suo figlio Louis Thomas - e che gli monta la rabbia quando al Mondiale di Italia 90 il Camerun viene eliminato, c’è il Gigi adolescente che gioca a fare l’ultrà della Carrarese, che va alla sassaiola e non si tira indietro, quello che gira per Parma con il vespino 50, che debutta in Serie A con la disinvoltura di un veterano e la sfrontatezza di un ragazzino, caratteristiche che si sono sempre mescolate - magicamente verrebbe da dire - nel suo quotidiano.

    C’è il Gigi più maturo, il punto di riferimento per i compagni e per i tifosi, il simbolo, il totem, la leggenda che però non se l’è mai tirata, uno sportivo quasi sempre esemplare nell’accettare i destini dello sport - si vince e si perde - il Gigi che piange di amarezza davanti alla telecamera - e si scusa con gli italiani per la mancata partecipazione al Mondiale 2018 - o che ride di gioia sguaiata, ma anche - eccolo il quasi da matita rossa - il Gigi che accusa l’arbitro di “avere un cassonetto al posto del cuore”, come se si sentisse ferito nell’anima, ah, lesa maestà per un rigore contro. Su, si può fare meglio.

    C’è il Gigi che si dà, senza risparmio: ai familiari, agli amici, ai tifosi, a chiunque abbia un posto nel cuore dedicato alla sua passione, il calcio. C’è il Gigi che non ha mai nascosto di tifare Genoa, un vezzo, però spontaneo; e il Gigi che non ha mai nascosto di fumare. C’è il Gigi scommettitore accanito, scommesse legali, si intende. Dicono che il vizio gli abbia fatto perdere tanti soldi, non sono affari nostri.

    C’è il Gigi che va in chiesa per conto suo, la mattina presto, quando c’è poca gente e il silenzio a farci compagnia. C’è il marito, l’uomo innamorato prima di Alena Seredova e poi di Ilaria D’Amico, le compagne con cui ha attraversato una parte importante della sua vita, c’è il padre amorevole di tre figli.

    C’è il Gigi che è rimasto con la Juve in B e che - l’avrebbe meritato - non ha mai vinto il Pallone d’Oro. Però non si è mai lagnato, mai, e questo gli fa onore. C’è il Gigi con una coscienza civile - quello che va a fare servizio civile nella falegnameria della comunità recupero Betania di Parma - e il Gigi sbruffone, che scivola sul diploma taroccato, cioè se lo compra; o quello che naviga tra l’ignorante e l’ingenuo e il cretinetti che vuole la maglia numero 00 - “perché è il simbolo di chi ha le palle” (ma per piacere) - e sceglie la maglia numero 88 (per i nazisti è il numero di Hitler, la Ha è l’ottava lettera dell’alfabeto) scatenando il finimondo.

    C’è il Gigi che - sincerità? opportunismo? - afferma che certe volte “meglio due feriti che un morto” e insomma, accordiamoci così, senza rancore. C’è il Gigi fragile, come tutti, uno fra tanti che cade nella depressione, “mi tremavamo le gambe e mi ripetevo: ma cosa me ne frega di essere Buffon”.

    E’ il Gigi che si confronta con il buio, la paura e l’insicurezza. E’ il Gigi che non teme il giudizio quando lo racconta, anzi, è convinto giustamente che a qualcuno possa servire sapere che altri sono passati di lì, prima di ritrovare sé stessi. C’è il Gigi che è stato tante cose, molte bellissime. Il Gigi di luci e ombre, parole e silenzi, angosce e piccoli attimi di felicità.

    Ma il Gigi che noi preferiamo - uno tra i tanti - è quello raccontato dalla sorella Veronica
    qualche anno fa: è il Gigi che - minorenne e neo professionista già arruolato dal Parma - torna a casa nel giorno di riposo e la sera, prima di addormentarsi canta da solo e a squarciagola i cori degli ultrà come fa e farebbe un ragazzo della sua età, quando tutto deve ancora accadere e i sogni sono finestre aperte, che basta affacciarsi per vederli da vicino.

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