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    Turnover selvaggio e braccino corto: caro sir Alex, è la fine di un'era!

    Turnover selvaggio e braccino corto: caro sir Alex, è la fine di un'era!

     

     Dopo il pareggio casalingo contro il Benfica nella penultima gara del girone di Champions League un giornalista della BBC ebbe il coraggio di chiedere a Sir Alex Ferguson perche’ il Manchester United quest’anno faticava ad imporsi in Europa.

    “Fatichiamo, eh? Si’? Ma che razza di domanda...” sospiro’ il tecnico scozzese. Che poi si alzo’, puntuale, e ando’ via sghignazzando.

    Matt Slater, il collega della BBC, non ha avuto la possibilita’ di ripetere la domanda mercoledi’ scorso dopo la sconfitta contro il Basilea che ha sancito l’eliminazione dalla Champions.  Ma sicuramente Ferguson un po’ di autocritica - in privato ovviamente - la avra’ fatta. E magari avrebbe trovato due motivi di fondo.
     
    Il primo e’ che non si puo’ trattare la Champions - anche quando si’ e’ in un girone relativamente tranquillo con Basilea, Benfica ed Otelul Galati - come se fosse la Coppa di Lega o un’amichevole estiva.  Bello il turnover, bello far giocare i baby, pero’ in sei gare Sir Alex ha utilizzato 5 coppie diverse di centrali difensivi e ben 6 di centrocampisti centrali.  In piu’ ha cambiato modulo tre volte e il suo giocatore di maggior valore, Wayne Rooney, e’ finito due volte in attacco, due volte a centrocampo (dove prima di quest’anno non aveva mai giocato) e due volte in tribuna (turnover).   Certo, per fare gli esperimenti ci vuole coraggio ma quando stravolgi la squadra per ogni appuntamento di Champions e’ difficile mantenere la stessa intensita’ e concentrazione. Anche se non lo dici apertamente i giocatori avvertono che stai prendendo l’avversario sottogamba (un po’ come e’ avvenuto in Coppa di Lega dove, appunto, lo United ha perso in casa contro i cadetti del Crystal Palace).
           
    Oltre la presunzione vi e’ un’altra spiegazione e questa imputabile solo in parte a Sir Alex.  Negli ultimi cinque anni, con la famiglia Glazer al timone, lo United ha un passivo di mercato di circa 65 milioni di Euro, cioe’ 13 milioni a stagione. Un po’ poco per uno squadrone, anzi, in Premier, i diavoli rossi sono solo all’ottavo posto dietro a Manchester City, Chelsea, Liverpool e Tottenham, ma anche dietro ad Aston Villa, Sunderland e Stoke.  (Delle big, solo l’Arsenal ha speso meno ma, si sa, per Wenger e’ una cosa patologica).
     
    Certo, su queste cifre pesa non poco la cessione di Cristiano Ronaldo per 80 milioni, ma il punto, in parte e’ proprio questo.  Dove una volta c’era Ronaldo adesso c’e’ Ashley Young (bel giocatore, certo, ma di spessore diverso). E a centrocampo, dove una volta poteva contare su gente come Roy Keane e Paul Scholes (e prima di loro Bryan Robson e Paul Ince) adesso si barcamenano - a rotazione - i vari Anderson, Michael Carrick e Darren Fletcher.  Sui primi due molti erano scettici da tempo (il brasiliano per i tanti infortuni, l’inglese per la staticita’ e la mollezza generale), il terzo e’ reduce dalla peggiore stagione della sua carriera. Eppure tutti e tre hanno firmato mega-prolungamenti contrattuali negli ultimi dodici mesi.  Un segno di fiducia nei loro confronti? Forse. Ma allora, se c’e’ tutta questa fiducia nei loro confronti, perche’ nella gara decisiva contro il Benfica, Fletcher era in panchina e Carrick in tribuna? (Anderson era infortunato).  Al loro posto hanno giocato il 38enne Ryan Giggs (la classe non e’ acqua, certo, ma 38 anni sono tanti) e il 19enne Phil Jones (un difensore centrale riciclato in  mediano). Con i risultati che tutti hanno visto.
           
    Poi dopo c’e’ che ribattera’ che lo United ha cinque punti in piu’ in Premier rispetto allo scorso anno, stagione in cui - vale la pena ricordarlo - si laureo’ campione. E che con i giovani bisogna avere pazienza.  Tutto vero. Ma e’ altrettanto vero che lo stopper Nemanja Vidic, forse l’elemento piu’ importante dopo Rooney, stara’ fuori tutto l’anno. E che lo stesso Sir Alex compie 70 anni a San Silvestro.  E, di sicuro, per quest’anno, non aveva preventivato una stagione di transizione.

     

    GABRIELE MARCOTTI

    Inviato di calcio internazionale per il Times e corrispondente da Londra del Corriere dello Sport-Stadio. Collabora con varie testate internazionali tra cui La Stampa, il Glasgow Sunday Herald, Sports Illustrated, Titan Sports e il Melbourne Age.  E' opinionista per i network televisivi ESPN e ITV.  Ha scritto "The Italian Job" assieme a Gianluca Viallli, l'autobiografia di Paolo Di Canio e la biografia di Fabio Capello. Ma, soprattutto, è di Cusano Milanino, il paese del Trap.

    Potete seguirlo su Twitter @marcotti


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