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Trump, il canto del cigno: 'Violata la Costituzione!'
Che siano state delle elezioni atipiche non è una notizia, l’emergenza covid ha cambiato le abitudini di tutto il mondo e le elezioni americane non sono rimaste esenti da questi mutamenti, soprattutto in una nazione che sposta potenzialmente 150 milioni di aventi diritto al voto e che ha dovuto, per forza di cose, rispolverare del tutto un metodo di voto alternativo: il voto postale, già utilizzato negli Usa ma mai come quest’anno. Voto postale, ovviamente, mal visto da Trump ed assecondato da Biden, ma su questo abbiamo già parlato, ossia di quanto i due candidati si siano posti in maniera decisamente diversa nei loro comizi. Trump in barba alle norme covid, Biden ligio al dovere, è un dato di fatto.
Tornando alla Pennsylvania è noto come un'eventuale vittoria di Trump sarebbe dovuta passare quasi per forza da lì, basti pensare all’ultima chiamata tattica del tycoon circa il fracking, la tecnica di estrazione di gas naturale che prevede la frantumazione idraulica delle rocce, e che da tempo i movimenti ambientalisti chiedono di fermare per le sue conseguenze sul pianeta. In Pennsylvania il fracking è un’industria importante, che dà lavoro a un numero di persone compreso tra le 20 e le 50mila, a seconda delle stime (Trump dice che sono quasi un milione, mentendo). La strategia di Trump è stata cercare di convincere gli elettori della Pennsylvania sostenendo che Biden volesse vietarlo, anche se non è così: la proposta di Biden è vietare i nuovi permessi sui terreni federali, che non sono quelli su cui si basa l’industria in Pennsylvania. Questa rincorsa alla Pennsylvania che invece non serviva allo sfidante democratico, forte di un vantaggio nei sondaggi che gli permetteva di non ritenerlo un “must win state”. Proprio questo “peso” diverso dello stato ha portato non poche polemiche, da una parte Biden che accusava la lentezza, seppur giustificata visto il voto postale, dello scrutinio dall’altra Trump che, a scrutinio ancora aperto, sosteneva uno “scippo” clamoroso della vittoria e invocava lo stop allo scrutinio postale (quello in presenza andava bene). Meglio ancora ha fatto Trump con il suo staff quest’oggi, a sconfitta materializzata: ha fatto causa al segretario di Stato della Pennsylvania, Kathy Boockvar, con l'accusa che il sistema di conteggio dei voti per posta è stato "meno rigoroso di quello dei voti in persona". Un "doppio standard" che, secondo il tycoon, rappresenta una "violazione costituzionale".
Intanto il ministro della Giustizia, William Barr, ha autorizzato il Dipartimento a indagare su "accuse rilevanti" di frode elettorale. Insomma è “guerra istituzionale” tra il Tycoon e gli uffici americani. Minacce di denunce, di processi e di nuovo conteggio dei voti che ci lasciano un Donald Trump alla fine del ballo, formalmente ancora in carica ma ormai privo di qualsiasi, concreto e veritiero, appiglio per evitare, politicamente parlando, la fine del cigno.