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«Triplete» non si dice, si fa. Tutte le similitudini tra l'Inter di Mourinho e la Juventus di Allegri
Per alcuni tifosi della Juve «triplete» è una parola tabù: un po’ per sana e condivisibile scaramanzia, un po’ perché è qualcosa da appiccicare soltanto ai rivali, che giustamente ne sono assai gelosi. E soprattutto perché «triplete» non si dice, si fa, proprio come ha fatto la mitica Inter del 2010: i bianconeri si sono ormai cuciti addosso un sesto, leggendario scudetto, ma devono superare una Lazio scivolosissima per la terza Coppa Italia di fila. E ci vorranno tre partite magnifiche, come le due contro il Barça, per alzare una Champions, meritata dopo lungo inseguimento. Insomma, c’è ancora strada da fare, ma la squadra di Allegri ha tutto per arrivare alla stessa vetta. Anzi, si avvicina a questo ultimo mese con una condizione psico-fisica eccezionale. Sembra una armata in missione, ha il passo marziale dei ragazzi di Mou. Così, rischiando di entrare nel terreno minato del tifo contrapposto, riconoscendo a ogni club unicità e grandezza, qualcosa si può dire senza che nessuno si senta offeso: ci sono punti di contatto tra i due eserciti. Da qualunque punto le si guardi, Juve ‘17 e Inter ‘10 restano due brand affascinanti. E due squadre enormi.
LA DIFESA - "Si parte da dietro, da reparti impenetrabili, ermetici, eroici: la BBC è la difesa più grande che abbia prodotto il calcio europeo negli ultimi anni. La resistenza in Catalogna farà scuola, come è diventata letteratura la coppia d’acciaio Lucio-Samuel di sette anni fa. Ma in entrambi i casi è la squadra che partecipa alla Resistenza: l’inno al collettivismo parte dal sacrificio delle punte, da attaccanti dirottati in fascia che si spolmonano più dei terzini. Da tempo, in tanti notano che quel Mandzukic inesauribile a sinistra ricorda l’Eto’o del 2010: due campioni che rinunciano all’io per il noi. Proprio come i capitani: ieri Zanetti aveva quasi 37 anni, oggi Buffon va verso i 40. Sono highlander rispettati da tutti, da applaudire in eterno".
IL MODULO - "Il 4-2-3-1 «allegriano», con Cuadrado più elettrico di quanto fosse Pandev nella stessa posizione e una mediana di lotta e di governo, è una idea geniale partorita a gennaio dal tecnico toscano. Mourinho fece svoltare la stagione con lo stesso modulo un po’ dopo, la lampadina portoghese si accese a marzo: cambiò a Londra contro il Chelsea negli ottavi di Champions, una scossa di coraggio che trasformò l’Inter in un carrarmato. Anche questa Juventus non rinuncia al nuovo spirito, ha l’entusiasmo per aggredire il Barcellona con mille giocatori offensivi. Sfrontatezza e atteggiamento europeo: la chiave che servì per conquistare Madrid, l’ideale per prendersi pure Cardiff".