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    Totti e il Divin Codino, aspettando Maradona: la magia del calcio conquista le serie tv

    Totti e il Divin Codino, aspettando Maradona: la magia del calcio conquista le serie tv

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Se cerchi una storia che sia già un film, è nello sport che la trovi. Lo sport è diventato da qualche tempo uno dei territori di caccia preferiti da parte delle produzioni cinematografiche e televisive di tutto il mondo. L’epica, il destino. L’uomo dietro al campione. La grandezza, la fragilità, la gloria, la miseria. Il coraggio, la fede in se stessi, l’ambizione. In una parola: lo sport nella sua essenza. La conferma ci arriva dalle tante novità in arrivo sulle varie piattaforme. E’ uscito su Netflix «Pelé: il re del calcio», il documentario firmato da Kevin Mcdonald che ripercorre la carriera del calciatore brasiliano dal 1958 al 1970, ovvero nell’arco di tempo in cui O Rei vincendo i Mondiali di Svezia 1958, Cile 1962 e Messico 1970 segnò in maniera definitiva un’epoca consegnando al mondo la storia del più grande di sempre (uno dei due-tre diciamo). Di Pelé sappiamo tutto, ma forse non è ancora abbastanza. Il ragazzo che faceva il lustrascarpe e diventò un mito della sua epoca è il protagonista di questa nuovo docu-film.

    Tra qualche mese toccherà al biopic «Il Divin Codino» che racconterà l’epopea di Roby Baggio (Netflix l’ha annunciato nel giorno del compleanno del campione), su Discovery+ è in onda «Liverpool Fc: la fine della tempesta», che celebra la Premier vinta l'anno scorso dopo trent'anni di attesa, mentre il 19 marzo arriva su Sky e Now Tv la serie tv (6 episodi) «Speravo de morì prima» con Pietro Castellitto nei panni di Francesco Totti impegnato a ripercorrere gli ultimi due anni di carriera della leggenda della Roma. Nel 2022 sarà la volta di «Senna» (Netflix), un altro biopic sul tre volte campione del mondo scomparso a Imola il 1° maggio del 1994. E molto ci si aspetta da «E’ stata la mano di Dio» - la serie tv Netflix che il regista premio Oscar Paolo Sorrentino sta girando in questo periodo.

    Funzionano, le storie di sport, perché contengono tutti gli elementi fondanti che ci calamitano davanti allo schermo. La vita, la morte (sportiva), la caduta, la rinascita. L’uomo dietro al campione. Affondano le radici nel passato («The English Game»), parlano di campioni tormentati («Apache: la vita di Carlos Tevez»), indagano mondi poco conosciuti («Glow», la storia tra divertimento e glamour di un gruppo di donne che si danno al Wrestling). Sono produzioni epiche a prescindere, hanno il respiro largo della Storia, quella che ci coinvolge tutti. Pensate alla grandezza di «The Last Dance», il documentario della ESPN che - andando avanti e indietro nel tempo - racconta l’ultimo anno di Michael Jordan con i Chicago Bulls. E’ un «Guerra e Pace» moderno. Né più, né meno. Ha lasciato una traccia significativa il documentario «Maradona» di Asif Kapadia (uscito due anni fa) con oltre 500 ore di materiale inedito su cui il regista ha lavorato.

    Eppure non sempre è stato così. Fino a una decina d’anni fa le serie-tv sullo sport (sceneggiati si chiamavano) ma anche i film - a parte qualche rara e preziosa eccezione - scivolavano spesso sulla pozzanghera delle retorica, e spesso tutto sembrava finto, artefatto, tarocco. Poi qualcosa è cambiato. E abbiamo scoperto (ma noi che lo amiamo lo sapevamo già) che lo sport è una enorme cesta dove affondare le mani e pescare ad occhi chiusi perle preziose. E così oggi il docu-film che funziona è quello che scava in profondità, che si nutre di verità, di luci e ombre, che parte da un’impresa sportiva o da un campione e allarga l’orizzonte, parlando del mondo che sta oltre il perimetro di gioco, parlando di noi.

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