Toromania: Cairo, ora o mai più
Pubblico e critica sono da sempre concordi, su questo punto: i mercati invernali condotti da Urbano Cairo sono sempre, senza eccezioni, stati fallimentari. Unica eccezione fu il suo primo anno da presidente, quando a gennaio investì (tirò fuori ben 5 milioni per l'acquisto di Elvis Abbruscato) raggiungendo infine la promozione, ma non per questo imparando la semplice lezione.
Tutti ricordano quando la squadra di Colantuono aveva bisogno come il pane di una seconda punta di valore, e invece ne arrivarono due di profilo molto basso (Pià e Salgado) pregiudicando di fatto la corsa alla Serie A; o quando un organico che necessitava di innesti di valori a centrocampo e in attacco per potersi salvare vide invece aggregarsi Rivalta e un Gasbarroni infortunato.
In occasioni come lo scorso anno, il leit-motiv giustificatorio fu che l'unico obiettivo possibile, la salvezza, era - o almeno sembrava a quel punto della stagione - a portata di mano, né si poteva pensare a qualcosa di più. Oggi invece no: oggi i risultati, e ancor più il gioco espresso dai ragazzi di Ventura, giustificano ambizioni superiori. Per renderle realtà, bisogna ovviamente spendere, anzi investire; se lo farà, Cairo dirà ad alta voce che con il Torino lui vuole puntare in alto, ora che ne ha l'opportunità a portata di mano. Diversamente, si continuerà a fare quel che sempre si è fatto sotto la sua presidenza: vivacchiare.