Toromania: a 36 anni si può ancora piangere per il Toro. Grazie Vives
Probabilmente Vives sperava di congedersi diversamente dai suoi tifosi e dal suo stadio, magari con una vittoria del suo Torino e con l'ultima presenza in granata sfoggiando il suo numero 20: si ferma invece a quota 160 presenze e 5 gol. La delusione per la panchina contro l'Atalanta, se c'è stata, è volata via velocemente dalla testa e dal volto del centrocampista, lasciando spazio a ben altri sentimenti e alla commozione. Anche a 36 e mezzo, dopo cinque anni a recuperare palloni, si può piangere per il Toro: lo ha dimostrato Vives che mentre i tifosi lo salutavano non è riuscito a trattenere le lacrime. Non è mai stato un fenomeno a livello tecnico, ma per il Torino in campo ha sempre dato tutto e a volte anche di più: ha giocato in tutti i ruoli (mediano davanti alla difesa, mezzala, attaccante esterno, difensore centrale), ha sopportato critiche a volte anche ingenerose e non ha mai risparmiato uno scatto in più per inseguire un pallone. Tanto basta ai tifosi granata per guadagnarsi il loro affetto e una meritata standing ovation. Da capitano del Torino non ha avuto l'onere e l'onore di leggere i nomi dei caduti di Superga il 4 maggio (come da tradizione granata): troppo tardi ha ereditato quella fascia da Glik e troppo presto l'ha lasciata ora a Moretti. Forse, più che per l'ultima presenza contro l'Atalanta, sarà questo il suo rimpianto più grande.
Vives ora firmerà con la Pro Vercelli, dopo aver contribuito alla promozione dalla B alla A del 2012, essere stato insieme a Cerci e Immobile tra i principali protagonisti della cavalcata in campionato che nel 2014 ha portato il Torino in Europa League, ed essere stato decisivo nella storica partita del San Mames (si è procurato il rigore poi trasformato da Quagliarella). La sua commozione per il fatto di dover lasciare la maglia granata è l'immagine più bella di una domenica che in casa Torino è stata, ancora una volta, quella del rammarico e dell'ennesima rimonta subita.