Sono più le soddisfazioni delle delusioni, le imprese delle disfatte, le gioie dei dolori. E’ stato un 2015 a forti tinte granata, quello che si sta concludendo. Dall’Italia all’Europa, il Toro di Giampiero Ventura ha saputo stupire tutti, e soprattutto ha fatto gioire i propri tifosi. E’ stato l’anno delle imprese e delle vittorie che mancavano da tanto tempo, o che proprio non erano mai riuscite a club italiani. E’ questo il caso dell’incredibile sfida di Bilbao, datata 26 febbraio. Il 2-2 dell’andata obbliga i granata a disputare la gara della vita, e i granata lo fanno. Quagliarella, Maxi Lopez e Darmian firmano l’impresa, gli oltre tremila tifosi del Toro godono come non facevano da tempo: il San Mamès cade, per la prima volta, per mano di una squadra italiana, e Ventura e i suoi ragazzi riscrivono la storia. Rischiano di farlo anche al turno successivo, contro una corazzata come lo Zenit, ma qui si mette di mezzo il destino: dopo la rete di Glik, nei sei minuti di recupero, il pallone non vuole più saperne di entrare. L’assedio del Toro non porta al gol che sarebbe valso i supplementari, ma l’Olimpico è fiero e orgoglioso della propria squadra: gli applausi scroscianti al triplice fischio rappresentano un momento toccante, in cui squadra e tifosi sono una cosa unica, e tutti sono consapevoli di aver dato tutto, in campo come sugli spalti. C’è ancora il tempo di vedere la vittoria nel derby, attesa per oltre vent’anni. Il gol di Pirlo sembra scrivere la solita stracittadina, ma poi Darmian e Quagliarella ribaltano tutto: è un altro tripudio granata, con tanti ragazzi che vedono per la prima volta il Toro battere la Juve. E’ l’ultima emozione di un campionato che, praticamente, termina ad aprile. La squadra di Ventura arriva alle ultime partite in debito di ossigeno e non riesce a piazzarsi nuovamente tra le prime sei: l’Europa sfugge per due punti, l’errore arbitrale di Palermo e la sconfitta casalinga contro l’Empoli lasciano il Toro a secco di trasferte europee. Proprio la sfida contro i toscani, a mesi e mesi di distanza, fa salire l’amaro in bocca, perché ha compromesso anche questa stagione, con i tifosi che speravano di viaggiare ancora al di fuori dell’Italia. Dopo la partenza di Darmian e gli arrivi di Baselli, Zappacosta e Belotti, il Toro riparte, questa volta con un obiettivo Europa dichiarato non troppo celatamente. Tra agosto e settembre i granata volano, ritrovandosi nelle primissime posizioni e viaggiando sulle ali di un entusiasmo contagioso. A Modena, contro il Carpi, oltre tremila tifosi colorano il Braglia: c’è l’occasione di vivere una notte da capolista solitaria a distanza di trent’anni. La squadra fallisce e perde contro l’ultima in classifica, e da lì qualcosa si rompe. La squadra di Ventura comincia a faticare, non vince per oltre un mese e, quando sembra essersi ripresa, viene umiliata nel derby di coppa Italia contro la Juve. Quella partita rappresenta il punto più basso dell’anno, sotto tutti i punti di vista: non solo del gioco e della prestazione, ma anche del rapporto con la propria tifoseria, che contesta i propri giocatori. E’ stato comunque un anno spettacolare e memorabile, condito ancora dalla posa della prima pietra del Filadelfia e, purtroppo, dalla scomparsa di un uomo importantissimo per il Toro come don Aldo Rabino. Nonostante quest’ultima settimana, tra il tracollo dello Juventus Stadium e la sconfitta interna contro l’Udinese, un “grazie ragazzi” ci sta tutto. Emanuele Pastorella