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    Torino porta male a Vlahovic: ma nel futuro potrebbe esserci la Juve

    Torino porta male a Vlahovic: ma nel futuro potrebbe esserci la Juve

    • Federico Targetti
    Se andiamo a scorrere il calendario della Serie A fino ad oggi, sono ben poche le partite in cui Dusan Vlahovic ha deluso, non avendo neanche mezza occasione: due trasferte, entrambe a Torino. I granata e la Juventus hanno dovuto penare ben poco per tenere la porta inviolata al cospetto del capocannoniere della Serie A; in due partite, si conta soltanto un’occasione nitida per i viola, quella non sfruttata da Saponara. Merito dei difensori messi a francobollare il serbo per 90’, De Ligt allo Stadium e Bremer al Grande Torino, due prove da 7,5 in pagella. Evidentemente Vlahovic soffre un po’ questo tipo di trattamento, patito anche con De Vrij prima e Koulibaly poi al Franchi e con Maksimovic a Genova (partite in cui, comunque, la produzione offensiva viola non aveva lasciato a desiderare).
     
    UN AIUTINO? – Italiano ha cominciato anche a lanciare appelli velati al resto della sua rosa: “Vlahovic è sembrato troppo solo? Tutti ci devono mettere qualcosa in più per essere decisivi, ma non me la sento di analizzare i singoli”. Tradotto: “Ragazzi, non è possibile che Dusan faccia 16 gol e nessuno di voi nel frattempo sia riuscito a segnarne più di due”. Già nel ritiro estivo il tecnico viola aveva sottolineato la necessità di non dipendere esclusivamente dalle zampate del serbo: “Altrimenti è un bordello”. Non che il sesto posto in coabitazione con le romane sia un tugurio, ma insomma il concetto è chiaro: non si va in Europa solo ed esclusivamente con i gol del proprio attaccante. Anche in quest’ottica è da leggere l’arrivo di Piatek, che con Ikoné andrà ad irrobustire un reparto dal quale è lecito aspettarsi molto di più.
     
    SE NON PUOI BATTERLI… – …unisciti a loro. Magari Vlahovic ha pensato a questo, con tutto che nel dicembre del 2020 ha partecipato con un bel gol alla festa viola in casa bianconera, uno 0-3 quasi irripetibile per com’è arrivato. Ma il tabù venutosi a concretizzare quest’anno nel capoluogo piemontese di certo stuzzicherà la natura competitiva del numero 9 viola, che nel frattempo non sa più come fare a far capire all’Arsenal che il suo è un no, che non è una questione di soldi ma di fame di grandezza. E che a Firenze ha ancora una missione da compiere. Eppure, "no" è la stessa parola sia in italiano sia in inglese. Sul gradimento del giocatore rispetto all’ipotesi juventina molto è stato scritto e indirettamente confermato, tutt’altro discorso invece è la fattibilità economica di un’operazione in ogni caso estremamente onerosa, soprattutto in un momento del genere, difficile in generale per il calciomercato e in particolare per la Vecchia Signora. Vincere in Italia prima di spiccare il salto definitivo è uno step che Vlahovic ha tutto il tempo di fare, se se ne presenterà l’occasione. Altrimenti, non c’è da dubitare che a giugno il domino tra i più grandi attaccanti giovani in circolazione, Haaland e Mbappé in testa, coinvolga anche lui e lo porti all’estero, in uno dei top club. Che poi, sarebbe questo che la Fiorentina vorrebbe, per ricavare il massimo in un futuro che, dopo le ultime dichiarazioni contro l’agente, è tutt’altro che definito. Per intenderci: la permanenza per andare a scadenza nel 2023 non è un’ipotesi campata per aria, lo assicura Barone stesso. Ne vedremo ancora delle belle.

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