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    Torino, il dilemma di Cerci tra gloria e carriera

    Torino, il dilemma di Cerci tra gloria e carriera

    • A.S.

    Cerci ha voglia di vincere, ma il Torino ha il dovere di trattenerlo, nonostante le scarse possibilità di riuscirci. Le buone prestazioni dei granata stanno esaltando l’ex Fiorentina: la Nazionale è una costante della (nuova) vita di Cerci, anche se Prandelli poi lo fa giocare col contagocce. Non c’è una ragione valida per pensare che il numero 11 del Torino possa diventare una bandiera granata.

    Purtroppo il calcio è cambiato e in casa granata se n’è parlato proprio di recente, in occasione del caso-D’Ambrosio: non c’è più spazio per romanticismi pallonari, capitani valorosi e gloriosi di un tempo, bandiere storiche e stoiche. C’è spazio per il business, unico vero valore che muove tutto l’ambiente del calcio: vince o comunque resta ai vertici chi ha più soldi, chi fattura di più e chi, di conseguenza, può assicurarsi i giocatori migliori. Il Torino è solo potenzialmente una big, ma di fatto è una medio-piccola che deve pensare al bilancio e deve fare plusvalenze per provare a crescere. E così se il Toro pesca qualche sconosciuto (vedi proprio D’Ambrosio o Farnerud) o rigenera qualche talento andato perduto (vedi Cerci) è destinato poi a perderlo. E’ successo con Dzemaili qualche anno fa, Ogbonna l’estate scorsa; ora D’Ambrosio e poi toccherà a Cerci: convincere quest’ultimo a restare è un’impresa a dir poco ardua.

    C’è tempo per provarci e c’è margine per far sì che, se non altro, l’eventuale addio possa essere meno doloroso del previsto e più vantaggioso rispetto ai piani. D’altra parte il giocatore è di proprietà granata e vanta un ingaggio già importante: se Cerci vorrà provare una nuova esperienza per mettersi in gioco altrove, dove l’Europa è all’ordine del giorno, probabilmente lo farà.

    Cerci ha anche un’altra opportunità importante: restare al Toro per diventare una bandiera e un nuovo simbolo (ricordato per sempre), trascinando i granata verso nuovi traguardi ed obiettivi. E’ roba d’altro calcio, è vero, ma sognare che sia rimasto ancora qualche valore in questo mondo del pallone non è ancora un reato. Cerci, in ogni caso, ha già dimostrato di essere almeno un po’ diverso da alcuni suoi colleghi.

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