Timossi: primi scricchiolii per Sarri
Empoli era la sua città e lo sarebbe sempre stata. Saranno la salutare indigestione di Us Open, lo straordinario mondo di Flavia Pennetta e Roberta Vinci, i loro successi tennistici a New York, ma tutto in questi giorni sembra simile a Manhattan. Sì, anche questo inizio di storia che fa la parodia del capolavoro di Woody Allen.
Così, sbucciando l'ortaggio, le storie arrivano, una dietro all'altra. La prima è quella di Maurizio Sarri, che nella città del carciofo (come recita il cartello stradale a due passi dal centro) aveva trascorso i suoi ultimi tre anni. Aveva fatto bene, portando la squadra in serie A, ma soprattutto confermandosi dopo, giocando alla pari contro tutti, con metodo, sistemi innovativi, allegria e pochi affanni.
Tanto che un anno fa, Sarri è diventato l'allenatore più conteso della serie A. Corsi, il presidente dell'Empoli, non ha mai fatto problemi: chi fa bene e vuol partire può (anzi deve) andare: così aveva fatto Spalletti, solo per ricordare un nome. Così ha fatto Sarri. Lo voleva il Cagliari, il ds Capozucca c'era quasi riuscito: gran colpo visto che i sardi erano appena retrocessi in serie B. Anche in questo caso l'allenatore aveva dimostrato di essere una mente libera, dai pregiudizi, probabilmente pure dall'ossessivo richiamo dei quattrini. "Perché no?", aveva detto. Poi però un no lo aveva trovato: la Sardegna è un'isola, per arrivarci e andar a giocare in giro per l'Italia, bisogna prendere un aereo, sempre. "E a me volare fa schifo, anzi fa paura", confiderà a qualcuno il nostro Maurizio.
Sarri invece (altra storia estiva) faceva paura a Silvio Berlusconi. Magari non schifo, visto che lo aveva fatto cercare per il dopo Inzaghi. Però paura sì. "È un comunista, ma comunista vero", aveva sussurrato al capo il controspionaggio del cavaliere decaduto. Vero, Sarri è comunista, "di sinistra, certo, mica come Renzi", aveva raccontato circa un anno prima in un'intervista a La Repubblica. Niente da fare, Milanello non è posto per un tipo così. Noi sull'amato 'Charuto' avevamo esultato, perché a trattativa in corso ci eravamo permessi di consigliare l'allenatore sulla possibilità di resistere alle lusinghe del Diavolo. Ci sembrava di rivedere in lui i patimenti di uno dei più fini intellettuali toscani del secolo scorso, Luciano Bianciardi, l'anarchico della 'Vita Agra' piegato dalla nebbia e dallo smog di Milano.
Infine, sul calare del toto allenatori, eluso un inserimento del Toro (sempre smentito, ma reale) ecco che il Bianciardi della panchina lascia Empoli e trasloca a Napoli. Altri carciofi, caffè in campo prima di ogni allenamento, ma qualcosa diventa subito indigesto. Lasciamo perdere i facili entusiasmi estivi, quelli ci sono sempre: con l'allenatore nuovo si lavora di più, arrivano pure i droni dal cielo, tornano portieri simbolo e Higuain pare felice di giocare ancora a Napoli. Balle, almeno in parte. Meglio, luoghi comuni, di solito funziona così.
Sarri a Napoli non decolla: due soli punti in tre gare (il Napoli non cominciava senza una vittoria nelle prime tre giornate di campionato dal 2000), ultimo pareggio nella sua Empoli, sofferto, come neppure succedeva quando dirigeva quelli della città del carciofo. Sarri traballa, arriveranno probabilmente centinai di messaggi contrari, ma il segnale forte è un altro: l'allenatore rischia già il posto.
Lui è uomo davvero intelligente e quindi sensibile, qualità l'ultima che gli sta causando alcuni eccessivi sbandamenti. Per prima cosa cerca troppi alibi, dalla sfortuna alle decisioni arbitrali. Ieri infine, dopo il 2-2 contro la sua ex squadra, si è detto soddisfatto per gli evidenti "progressi visti in campo". No ecco, il punto è questo: non si vedono evidenti progressi. Al contrario, restano palesi le difficoltà difensive di una stagione fa e di tutto il Napoli di Benitez. Benitez intanto è volato a Madrid, sulla panca del Real. Ah, incredibile ma vero: sono ancora una enclave, ma ora a Napoli c'è pure che rimpiange Rafa.
Per ora Sarri fa spallucce, tira una bordata al suo predecessore spagnolo ("Ad Aprile dopo un tempo qui eravamo sul 3-0"), fuma una 'bionda' dopo l'altra, ma sa che qualcosa di buono deve combinare. E deve farlo molto presto. Poi, da uomo intelligente e sensibile, ha anche capito che Napoli ed Empoli non sono la stessa cosa, nelle grandi ha sofferto anche Spalletti. Oppure prendete il mio amico Gigi Cagni: nessuno prima di lui aveva mai portato Empoli nelle coppe europee e nessuno fin qui c'è più riuscito. Vero, quella era una serie A senza Juve e Napoli, però Cagni fece comunque un lavoro superlativo, creò una meravigliosa alchimia. Poi sfiorò la Juve (quando venne esonerato Ranieri, se non vi fidate chiedere conferme all'ex ds bianconero Secco), ma da allora troppi si sono dimenticati di Gigi. Anzi, c'è chi ha fatto peggio: quest'anno Zenga ha voluto l'ex amico Cagni come vice alla Samp. Gigi doveva pure curare la fase difensiva, ma a settembre era già stato rispedito a casa. Non tutte le città sono come Empoli. E almeno per il calcio è un vero peccato.
Giampiero Timossi