Timossi: Pioli il medioman, l'equivoco Balotelli e il ricordo del grande maestro
Tempi duri e poi il fumo fa male: allora il charuto di questo lunedì notte lo taglio in tre pezzi. I fumatori di sigari lo sanno, non sono mai tre pezzi uguali.
Zac, Pioli e il mediomam.
Ci sono i madmen e i medioman. I primi hanno sempre un bicchiere di whisky in mano, sono i discepoli dei pubblicitari di Madison Avenue, coloro che capirono prima e in maniera più spregiudicata i cambiamenti della New York anni Sessanta. New York anche allora era il centro del mondo. Tagline dei madmen era: "Sex. Lies. Storyboards". Insomma, gente tosta. Poi ci sono i medioman, gente speciale, che questo mondo sbagliato vorrebbe far passare per mediocre. Stefano Pioli è uno di loro, è il nuovo mediomen del calcio italiano. E’ un Claudio Ranieri 2.0, non si arrabbi il tecnico della Lazio e neppure l’ex allenatore della Roma, non s’infurino i tifosi biancoazzurri e nemmeno quelli giallorossi. Perché Pioli e Ranieri, su sponde opposte, con età e percorsi diversi, sono due eccezionali allenatori. L’estate scorsa le battute sul neo allenatore laziale riempivano i bar di Roma. I romani sono eccezionali, non sbagliano una battuta. Però possono sbagliare una previsione, come spesso al sottoscritto. Dal 12 giugno 2014 e per un bel numero di settimane Pioli è stato il bersaglio preferito del sarcasmo dei romanisti. Lotito aveva ingaggiato l’allenatore esonerato dal Bologna, neppure sei mesi prima. E la Roma rispondeva strappando Iturbe alla Juventus. Ora il mondo sembra capovolto. Pioli ha già fatto l’impresa, ha scavalcato la Roma di Garcia, sta inseguendo la Juventus. Mediomen ha fatto 12, come i punti che lo separano dalla capolista. Alessio Secco mi ha detto che era uno dei suoi obiettivi per sostituire Ranieri in bianconero: piaceva il suo passato di successo da giocatore della Juve; piaceva meno il fatto che venne sostituito proprio da Ranieri sulla panchina del Parma. E il Parma, con Giuseppe Rossi in campo, iniziò a vincere. Sean Sogliano, oggi ds del Verona, sostiene che la fortuna di Pioli iniziò quando Zamparini lo esonerò. Anzi, quando disse al suo ds (Sogliano) di cacciare Pioli dal Palermo prima che il campionato avesse inizio. Invece è possibile che la fortuna di Pioli non sia ancora iniziata. Leggo su Repubblica un bel pezzo sulla rimonta delle aquile: Lazio, il sorpasso non basta. Sfida alla Juve per sognare. "Dodici punti di distacco dai bianconeri sono tanti, ma sabato prossimo c’è lo scontro diretto e il precedente dello scudetto biancoceleste del 2000 presente qualche analogia con la situazione attuale”. Aggiungiamo anche che nel giorno del sorpasso la Lazio perde per infortunio due protagonisti di uno straordinario volo sull’ottovolante: il difensore Stefan de Vrij starà fuori 3 settimane e per 15 giorni starà fermo anche Marco Parolo. Pioli proverà a sostituirli, sistemerà con qualche accorgimento il suo 4-3-3 “stretto”, che un po’ ricorda il 4-3-3 “sporco” che fece volare la Fiorentina di Prandelli. Pioli, un passo alla volta, “guardando sempre chi sta davanti”, raccoglie i risultati del lavoro fatto. Senza clamori, slogan, padroni o padrini. Così ha fatto 12 e forse si fermerà qui. Non credo potrà mai raggiungere la Juve e strappare ai bianconeri il loro quarto scudetto di fila. Però Pioli-madioman avrà sempre un posto in quelle storie del calcio che vale sempre la pena di raccontare (Ps: dopo la sconfitta contro il Parma la Juve torna in campo contro il Monaco e stasera dovrebbe riproporre Pirlo tra i titolari. Questa la formazione provata da Allegri nel giorno della vigilia: Buffon; Lichsteiner, Bonucci, Chiellini, Evra; Vidal, Pirlo, Marchisio; Pereyra; Morata Tevez. Il modulo prevede quattro difensori, tre centrocampista, un trequartista e due attaccanti).
Zac, l’equivoco Balotelli.
Da qualche parte Massimo Ferrero, presidente della Sampd’oro, ha appena detto: “Balotelli? Alla Sampdoria tornerebbe grande”. Ho rilanciato il tweet di calciomercato.com con la frase presidenziale. Bene, un secondo dopo il mitico Michael Brook ci ha risposto: Balotelli non è mai stato grande.
@cmdotcom @GTimossi @unavitadacinema @FinallyMario non è mai stato grande.
— Michael Brook (@mba_nico) 13 Aprile 2015
Risposta esatta, perfetta sintesi e invidiabile tempismo. Qualche settimana fa, in una pausa di Stop&Gol, ho detto al mio amico Ciro Ferrara: “Vedrai che Balotelli finisce alla Samp”. Ciro, con intelligenza, mi ha risposto: “Con quell’ingaggio?”. In effetti la cosa ha senso e ha bloccato il mio ragionamento. L’ipotesi nasceva da un tweet di qualche giorno prima, dove Balotelli per un attimo smetteva di sputare veleno su questo e quello (i giornalisti, in particolare) per elogiare Sinisa Mihajlovic. Balotelli finge di essere un istintivo, ma non fa mai nulla per caso. E quel tweet non era casuale. Vero, Sinisa non sarà il prossimo allenatore della Samp (Milan la sua destinazione più probabile), ma quel messaggio è bastato per accendere la passione di Ferrero. Il presidente continua a dire che non sa nulla di calcio, ma in verità sa già tutto. Per questo non si fida dei vecchi schemi e cerca strade nuove, con straordinario successo. Però Balotelli è un sentiero che non porta da nessuna parte. Non tornerà mai a essere un campione. Perché un campione non lo è mai stato, semplicemente.
Zac, il Maestro.
E’ morto Eduardo Galeano, aveva 74 anni. Ieri si è spento anche Gunter Grass. Il 14 aprile 1980 moriva Gianni Rodari. Aprile è dolce e malinconico, forse per questo è il mese dove vanno a morire i maestri della parola. "Splendori e miserie del gioco del calcio" è il libro più bello che abbia mai letto sulla religione del football. E’ il calcio che mi piace e che inseguo disperatamente da anni. Quest’estate ero in Brasile per i Mondiali e ho pensato che solo una storia avrebbe meritato un racconto di Galeano: la sconfitta del Brasile per 7-1 contro la Germania. Era l’unica cosa veramente brasiliana di un incolore carrozzone globale. Il Maestro era già troppo malato, al triste Mondiale del Brasile è mancata anche la sua voce. Sulla copertina consunta del mio “Splendori e miserie del gioco del calcio” c’è una statuetta dell’undici del Fluminense. Ho cercato anche quella statuetta nei negozi e sulle bancarelle di Rio de Janeiro. Non l’ho trovata. Mi sa che quel calcio non esiste più, neppure nel Sud dell’America. Ti sia lieve la terra, maestro dei sogni più belli.
Giampiero Timossi
@GTimossi