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    Timossi: la Roma di Pallotta, oltre ogni ragionevole dubbio

    Timossi: la Roma di Pallotta, oltre ogni ragionevole dubbio

    Un ragionevole dubbio. Nel momento più grigio della gestione Garcia avanza l’idea che la Roma possa fare davvero un salto di qualità. Ora, più di prima. Adesso, al termine di una stagione che può sembrare solo carica di delusioni: le batoste in Europa, l’incapacità di contendere davvero lo scudetto alla Juventus e la possibilità concreta che siano i rivali della Lazio a conquistare il secondo posto e l’accesso diretto alla prossima Champion League.

    Il ragionevole dubbio parte da alcune considerazioni. La più recente nasce da quanto accaduto l’estate scorsa, in casa della Juventus. Al termine di un tedioso e fanciullesco tiramolla Antonio Conte decise di lasciare i bianconeri dopo aver vinto tre scudetti di fila. E la Juve di Andrea Agnelli e Giuseppe Marotta decise prima di fregarsene, non cedendo al braccio di ferro dell’allenatore, il quale avrebbe probabilmente accettato di restare a Torino vedendo dilatarsi i suoi poteri, trasformandosi in un allenatore-manager, agendo liberamente sul mercato con il fidato Nedved e limitando, di fatto, i poteri dell’amministratore delegato Marotta. Il progetto è fallito, l’allenatore ha sbattuto la porta e la società ha tenuto duro. Non solo, per il dopo AntonioConteNostroCapitano ha scelto Massimiliano Allegri. Era stato esonerato dal Milan, aveva manifestato la sua decisa avversione al club bianconero (in particolare dopo il caso-Muntari e le beffa scudetto) e venne accolto dai tifosi juventini come era immaginabile venisse accolto: nel peggiore dei modi. Per lui solo fischi e insulti e pugni sulla macchina che portava il neo tecnico alla prima conferenza stampa e hashtag certo, perché la rivolta sui social network non poteva mancare. Il no ad Allegri sembrava un plebiscito (pazienza se noi di Calciomercato.com scribacchiando sul Charuto ci eravamo invece espressi a favore).

    Ora Allegri sta per vincere un altro scudetto, è in finale di Coppa Italia e soprattutto in semifinale di Champions, dove Conte non era mai arrivato. Dunque la scelta di Allegri è stata la migliore delle scelte possibili. Per me insegna anche un’altra cosa: per vincere servono anche scelte impopolari. Nel calcio, come nella vita, ovvio.

    Per questo ho il ragionevole dubbio che la Roma stia costruendo ora il suo grande futuro.  Al centro del progetto si trova James Pallotta, 57 anni. E’ uno dei quattro proprietari della Roma e dall’agosto del 2012 è presidente del club giallorosso. Gente di Boston che ha sempre una certa drammaticità, qualcosa che sembra distinguerli dagli altri statunitensi. Pallotta  ha deciso di fare quello che pochi altri presidenti vogliono fare: combattere chi vuole imporre la legge del più violento nel calcio. C’è chi li ignora, chi dice di non accettare compromessi, chi invece cerca una mediazione: il bostoniano no, li combatte. Una, due, tre volte, in pubblico, cercando la sfida ed è un’altra cosa rispetto a chi reagisce solo alle provocazioni. Il rischio, certo, è sempre quello che un presidente coraggioso (e lungimirante) venga lasciato solo. Troverà un solido alleato in chi rappresenta sul campo il suo principale rivale, Andrea Agnelli, il presidente della Juventus. L’alleanza tra i due l’abbiamo già anticipata anche in questo blog, uniti nella battaglia contro la Lega di Tavecchio, quel sistema vecchio come un certo modo di fare calcio. Pallotta vuole un nuovo stadio, come Agnelli. Non dialoga con i violenti, come la Juve del nuovo Agnelli. E come il suo collega più giovane anche il presidente della Roma ha deciso che certe storie finiscono. Agnelli disse no al rinnovo di Del Piero; Pallotta ha detto no al rinnovo di Francesco Totti. Che resta una bandiera ed è stato un campione meraviglioso, ma che non può essere più funzionale a una Roma che vuole tornare a vincere.  Il talento sta nelle scelte, oltre ogni ragionevole dubbio. Coraggio.

    Giampiero Timossi
    @GTimossi

     

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