Tifo: perchè non c'è più il rumore dell'amore?
Il calcio è nato prima degli ultrà. Questo è certo. Quel dilemma che si assiste attorno all'ipotesi se sia nato prima l'uovo o la gallina, non sussiste tra calcio ed ultrà: per anni il football inglese ed il calcio italiano sono andati avanti accolti da tifo sano e critica stimolante ma senza nessuna spranga e nessuno scenario da inferno dantesco. E' importante fare questa distinzione ed accorgersene, all'indomani che un gruppo di ultrà del Genoa ha fermato lo svolgimento di una partita di campionato, spaventando l'ambiente e trasformando un pomeriggio di stadio e sole in in momento di guerra e terrore. Tra le tantissime tipologie di tifosi si possono distinguere due macro-categorie: quelli che guardano il campo e quelli che guardano la curva. I secondi sono quelli che già si potrebbero definire ultrà. Afferma così lo Tonino Cagnucci, nel suo il mare di Roma, il libro su Daniele De Rossi. E' verissimo: ci sono i tifosi che guardano potremmo aggiungere e quelli che fanno rumore. Fino al 1969, anno dei primi consistenti gruppi ultrà, i tifosi si limitavano a guardare, esercitavano il potere e la libertà degli occhi, poi da quella data in avanti hanno iniziato a fare rumore e la voce, pian piano, ha preso il posto della vista. Solo chi non guarda fino in fondo ha sempre qualcosa da dire.E' sacrosanto discutere, ma in una giusta altalena tra occhi e parole, certo non si può solo vedere, è bello anche parlare. Però quando improvvisamente smetto di vedere e continuo solo a parlare, presto la mia parola diventa ira e la mia ira diventa irruzione e la mia irruzione diventa spavento per chi stava semplicemente guardando. Un conto è guardare la partita, un conto è comandare una curva, le due attività nel nostro calcio spesso coincidono e chi comanda finisce quasi sempre per aver la meglio su chi guarda. Poi chi guarda ha tempo, vive sulla metrica della fede che nasce da infinite liriche di pazienza: ha guardato negli anni della b, della a raggiunta ma per illecito divenuta subito c, quante sgridate alla propria squadra, quanti fegati amari e che rimproveri ma, gli occhi di chi ama non hanno mai smesso di guardare. E' la silenziosa missione dell'amore che determina come una mamma guarda un figlio, come un uomo la sua donna e come un tifoso la sua squadra. Solo le matrigne fanno rumore, le mamme hanno una carta-positività che non si esaurisce mai, anche quando sei sotto a poche giornate dal termine contro il Siena in casa per quattro a zero e non hai certo così tanti punti da permetterti di sprecarne qualcuno, anche quando non riesci a giocare perchè la paura di retrocedere ti paralizza le forze, sei la mia squadra caspita, io ti ho scelto, senza obblighi, io ora provo ad amarti. Chiedere la maglia ai giocatori? Ma quella maglia sono io, piuttosto se serve, gli do anche la mia. Rituffiamoci nel grande oceano del guardare le scelte calcistiche ( e non solo ) che abbiamo fatto, anche quando le cose, non vanno proprio per il verso giusto. Di rumore, ce n'è già fin troppo. Il rumore dell'amore, ecco cosa manca in questo calcio ad alta velocità.