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Romamania: Tammy 'Er Tigre' fa volare la Roma e con Zaniolo la coppia è pura poesia. Ma quella recompra...
TAMMY IL ROMANO - Ma qui non è in discussione che sia accaduto, ma come è accaduto. Belli compatti e guerrieri, con un fattore di crescita evidente in alcuni giocatori: dal Kumbulla che pare quello delle derapate veronesi, finalmente, a uno Zalewski prendi uno paghi tre e cioè che fa il difensore, l'attaccante e l'uomo dalla giocata al cachemire in un solo pomeriggio, pur tradito da un muscolo malandrino. Eppoi, lui, Tammy. Fosse nato a Testaccio o alla Garbatella, il soprannome lo avrebbe trovato facilmente: “Er Tigre”. Sapete, uno di quei personaggi a metà tra la narrazione di Salgari e la letteratura della profondità romana da circolo del biliardo, uno di quei luoghi che se non hai un nomignolo non sei nessuno. Perché Tammy un po' romano lo è già. O forse lo era già. Gesticola come un romano mulinando le mani che manco fosse un ventilatore. Fa smorfie su smorfie con una mimica facciale del miglior Petrolini – per chi non lo sapesse e per capirci, è stato il Corrado Guzzanti dei primo del Novecento – e soprattutto, fa gol. Ah se li fa. Lascio ai colleghi statistici la numerologia che fa rima con la fenomenologia del Nostro, però Tammy segna, ah se segna! E la sblocca spesso, otto volte in questa stagione, non una banalità.
LA STRANA COPPIA - Inutile sottolineare, ancora una volta, quanto Zaniolo sia il suo partner perfetto, pur in una strana coppia alla Lemmon-Matthau dal punto di vista delle caratteristiche tecniche. Però i due parlano la stessa lingua, quella di un calcio sfrontato, arrogante, vissuto sul filo del piacevole brivido che deve provare chi osa la giocata, come quella che ha steso l'Atalanta. Però, c'è un però. Quel maledetto diritto di 'recompra' del Chelsea dopo due stagioni. Vabbè, è a 80 milioni, ma se Er Tigre continua a segnare così, mi preoccupo eccome se mi preoccupo. Però, mi raccontano come il ragazzo si sia innamorato di Roma e della Roma. Di Mou lo era già, ma questa è un'altra storia.
Paolo Franci