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Talento visionario ed enigmatico. Quintero trascina la Colombia: ecco la sua storia
Un infanzia difficile come quella di chiunque fosse cresciuto nel terribile quartiere di El Socorro a Meddelin e complicata quando aveva solo due anni dalla scomparsa del padre, ancora oggi avvolta nel mistero e forse legata alla guerra tra i cartelli della droga che faceva da sfondo alla vita di tutti i giorni nella Colombia dei primi anni '90.
La retorica del riscatto nei confronti di una tragedia dell'infanzia, ci porta così a parlare di Juan Fernando Quintero, classe '93, che decide di investire nel calcio le sue qualità che non passano inosservate agli scout dell'Envigado Futbol Club - uno dei club di formazione più importanti del paese colombiano - e che negli anni ha visto uscire, oltre a Fredy Guarin e Alexis Zapata o l'incompiuto Jhon Cordoba, quello che è uno dei più grandi talenti della storia del calcio tricolore: James Rodriguez. Dopo aver mosso i primi passi nella "Cantera de Heroes" si fa notare per i suoi prodigi anche nelle nazionali giovanili della Colombia, appena uscita dai drammi degli anni '90 e che all'improvviso si ritrovava fra le mani una vera generazione d'oro.
4 stagioni all'Envigado dove a quattordici anni si allena con i più grandi; a sedici anni esordisce in prima squadra mettendo in mostra doti che lasciano a bocca aperta.
Quintero gioca da enganche; una sorta di trequartista che non si deve occupare solo di rifinire l'azione, ma anche di dettare il ritmo del gioco: un regista avanzato, il perno alto del centrocampo che fa da raccordo con il reparto offensivo. Il passaggio al Nacional nel 2012 è quasi d'obbligo e i suoi mesi nel club biancoverde servono a farlo maturare ulteriormente gettandogli addosso gli occhi del calcio europeo. Quando il Pescara, nell'estate del 2012, lo strappa un po' a sorpresa alla concorrenza per farne un giocatore su cui puntare dopo il ritorno in A, Juan Ferdinando Quintero, nemmeno 20enne, è ancora troppo giovane per prendere in mano il centrocampo e in un mondo spietato come quello della serie A, fatica ad esprimere il suo calcio magico, istintivo, surreale. La stagione in Abruzzo è come fiele e Juanfer, appassionato di Hip Hop e Reggaeton, non balla più. Segna un solo gol – contro il Bologna - ovviamente su punizione, il suo colpo migliore insieme a quel suo dribbling a disorientare l'avversario e quegli assist che solo lui riesce a vedere. Quintero è un giocatore fuori moda intriso di realismo magico, è enigmatico, un numero 10 in un epoca in cui il trequartista sta scomparendo.
Nell'estate del 2013 è protagonista assoluto nel sudamericano sub-20 dove - con 5 reti - trascina i giovani cafeteros al terzo titolo in 60 anni.
Talento visionario, anti-eroe, in Juanfer sembra rinascere la narrativa pittoresca di Gabriel Garcia Marquez.
Dopo quel torneo, lo notano i Dragoes del Porto e lui prenota subito un viaggio per il Portogallo dove andrà ad indossare la camiseta con il numero 10 inseguendo il destino e quel desiderio un giorno di rincontrarsi con il suo idolo e amico, James Rodriguez, che proprio nella squadra portoghese si era fatto notare, prima di esplodere tra Mondiale e Montecarlo. Tozzo, piccolo di statura, un piede mancino baciato dagli dei, anche la tempra è straordinaria: garra charrua direbbero in Uruguay. Ancora una volta però Juan Fernando Quintero va contro se stesso, e al Porto non è quel centrocampista capace di illuminare il gioco come pochi altri o lo è solo a sprazzi. Pekerman nella selezione per il Mondiale 2014 lo vuole lo stesso, lo convoca, lo fa giocare e lui segna anche il gol decisivo contro la Costa d'Avorio.
Dopo due stagioni al Porto finisce in prestito al Rennes e come in un racconto monotono, la storia si ripete. Lui fa fatica e decide che è il momento di tornare a Medellin. Quinterito, sempre controllato dal Porto con il quale rinnova fino al 2021, sceglie il Deportivo Independiente Medellin, la seconda squadra della sua città, che diventa il trampolino per il suo passaggio al River Plate. Si fa notare infatti da Marcelo "El Muneco" Gallardo, uno dei tanti "nuovi Maradona" che hanno riempito le pagine dei giornali a fine anni 90. Gallardo ora allena il River Plate e ha la fama di grande stratega; da qualche anno sotto di lui lo storico club di Buenos Aires è rinato tornando a essere La Maquina, grazie al suo calcio propositivo, nel quale in questa stagione Quintero, dopo alcune difficoltà iniziali, ne diventa il motore. Juanfer in un calcio allegro, lontano dalla pressione del gioco europeo, si diverte di nuovo, torna a ballare e a dare spettacolo. Pekerman lo richiama per il Mondiale e lui in queste due prime partite ripaga con gli interessi. L'esordio è complicato per tutta la squadra, ma con un gol – pura essenza della sua genialità - Quintero diventa il primo colombiano della storia a segnare in due edizioni diverse di un Mondiale. Contro la Polonia invece inscena forse la miglior recita della sua carriera, detta il ritmo, sfodera assist fenomenali che ne fanno vedere quella sua caratteristica innata, quella capacità che solo lui ha nel calcio moderno di nascondere il passaggio e di illuminare improvvisamente seguendo linee che nessun'altro può vedere. Perché Quintero è un giocatore unico, magico. Non è un atleta costruito per quest'epoca, ma uno straordinario talento che nelle notti dell'estate russa, ha deciso di rilanciarsi defintivamente. E dalle sue invenzioni passerà il destino dei Cafeteros.