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    Talenti con la valigia, Macheda, Lupoli, Petrucci & co: Pellegri, stai attento...

    Talenti con la valigia, Macheda, Lupoli, Petrucci & co: Pellegri, stai attento...

    • Furio Zara
    Doveva finire alla Juve, andrà al Monaco: Pietro Pellegri a sedici anni ha deciso che la sua crescita proseguirà non in Serie A bensì in Francia. Non è il primo e non sarà l’ultimo dei giovani talenti in fuga dall’Italia. Il Monaco ci ha creduto di più, il Monaco se l’è preso. 25 milioni più bonus. Il Made in Italy funziona, sì, ma non in Serie A. Non scandalizziamoci, funziona così da tempo, è il calcio-globale. Prendiamo sedicenni da Ghana o Nigeria, lasciamo che i nostri vadano all’estero. E comunque: il futuro per tutti i baby-boom è un’incognita. Auguriamo a Pietro una lunga e luminosa carriera, ma è inevitabile - quando si parte così giovani - mettere in conto tutti gli inciampi del percorso.

    Federico Macheda, ricordate? Ha avuto una storia simile, ma tutte le promesse non sono state mantenute. Nel 2009 il Manchester United lo strappò alla Lazio, a 17 anni debuttò in Premier segnando un gol vittoria contro l’Aston Villa. Ferguson lo adorava. Ma poi: qualche scelta sbagliata, la fretta, le incomprensioni, tappe inutili nel curriculum oggi di anni Macheda ne ha 26, gioca in B a Novara e il boom non c’è ancora stato. I nostri settori giovanili - i settori giovanili che in teoria dovrebbero essere il serbatoio del nostro sistema-calcio - da tempo sono diventati la sala d’attesa in attesa di un volo che porterà i nostri ragazzi più talentuosi in Premier, Bundesliga, Liga, Ligue1, insomma, altrove. Ragazzi con la valigia. A caccia di un’opportunità, più soldi e un po’ di meritocrazia.

    Davide Petrucci non se lo ricorda più nessuno. Nel 2008 a Roma si parlava di lui come del nuovo Totti. Lo prese il Manchester Utd, a Trigoria si parlò di «scippo». E vabbè. La carriera di Petrucci non è stata all’altezza delle ambizioni, ha fatto benino con il Cluj ora gioca in Turchia. Siamo andati a ripescare per curiosità i nomi di quelli che - una decina d’anni fa, cioè il tempo necessario per fare un bilancio - partirono dall’Italia tra pianti e lacrime. Marcello Trotta a sedici anni partì per Manchester (sponda City), un salto nel buio: è tornato, a 25 anni si sta costruendo una carriera. Fabio Borini dal settore giovanile del Bologna - a sedici anni - andò direttamente al Chelsea. Pure il capitano dell’allora Under 18 Jacopo Sala passò dall’Atalanta al Chelsea, non ha sfondato ma ha trovato una sua dimensione in Serie A. Mirko Ranieri lasciò Perugia per il Tottenham: era il portiere del futuro, non lo è nemmeno del presente. Samuel Di Carmine (debutto in serie A a soli 18 con la Fiorentina, poi subito al Queens Park Rangers), Arturo Lupoli (cresciuto nel Parma e «scippato» dall’Arsenal) ha 30 anni e ha cambiato 15 squadre senza mai trovare vera gloria, Luca Santonocito (dall’Inter al Celtic), ha 26 anni e ora gioca in serie D al Monza. Qualcuno ce l’ha fatta, altri no. Il calcio di bello ha quello: è democratico. Concede una chance a tutti. Italia o estero, in questi tempi ormai poco importa.

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