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Superlega, Florentino Pérez e l'arroganza dei 12 che pensano 'il calcio siamo noi'
Chiamato a intervenire pubblicamente sul fatto che ha terremotato il calcio mondiale e messo in fibrillazione anche le massime autorità politiche nazionali e comunitarie, il presidente del Real Madrid ha mostrato straordinaria imperturbabilità. Quasi ammirevole, vista la pressione emotiva del momento. E a partire da questo atteggiamento così tetragono ha spiegato il senso dell'operazione, ma non prima di avere sottolineato le colpe di Uefa e Fifa nella deriva attuale del calcio europeo. In particolare, Pérez ha insistito sul suo mantra: la crisi economico-finanziaria provocata dal Covid avrebbe reso indifferibile la scelta di secedere adottata dai 12 club fondatori. E per rafforzare la legittimità della scelta egli ha insistito su un punto: i club che hanno deciso di fare il salto verso la Superlega lo fanno “per il bene del calcio”.
Non è la prima volta che noi di Calciomercato.com ci troviamo a commentare gli scatti di egocentrismo del presidente madridista (https://www.calciomercato.com/news/superlega-florentino-perez-il-vero-volto-della-razza-padrona-del-67738). E tuttavia ci pare che stavolta si sia verificato un ulteriore salto. Il convincimento che il bene dei più ricchi sia il bene di tutti, e che la loro salvezza porti al riscatto di chi arranca sotto di loro, è quanto di più sprezzante e anti-democratico si possa immaginare. Dire “lasciateci fare come ci pare, che poi magari ne potreste beneficiare” è l'estrema offesa rivolta verso chi ha contribuito all'edificazione di quella grandezza. Perché il Real Madrid, così come tutti gli altri club che hanno deciso di fare da sé, sarebbe nulla senza tutti gli altri club che nelle rispettive leghe nazionali hanno contribuito a elevarli al rango di potenze internazionali. Club che hanno anche subito la socializzazione delle perdite prodotte dai cosiddetti grandi d'Europa. Poiché non bisogna dimenticare che i ricchissimi rinchiusi nella nuova bolla della Superlega sono anche i più indebitati, e che proprio sulla libertà di accumulare debito hanno costruito la propria forza, anche a scapito di concorrenti virtuose.
Adesso quelle concorrenti virtuose vengono sganciate come fossero tare e invitate a avere pazienza perché “il loro bene verrà”. Quel bene dovrebbe essere prodotto da dirigenti illuminati come Pérez. Che però potrebbero aver fatto male i loro calcoli. Perché a passare sotto l'ala di un soggetto come JP Morgan non c'è più modo di socializzare le perdite. Vanno pagate fino in fondo. Prima o poi capita di incontrare uno squalo più grande di noi, señor Pérez. E magari, quando la sbranerà, le dirà pure che lo sta facendo per il suo bene.