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Il calcio e la parità dei sessi: l'esempio Norvegia e la follia Irlanda
STATI UNITI - Un nuovo inizio, un nuovo esempio, per un mondo, quello femminile, troppo spesso bistrattato e sottovaluto, in molte aree del mondo etichettato come "di serie B". La Norvegia è il primo Paese nel quale c'è lo stesso trattamento, ma non è il primo a fare qualcosa per la sfera femminile. Negli Stati Uniti, la nazionale che ha vinto più di tutti con tre Mondiali e quattro ori Olimpici, le giocatrici con in testa Hope Solo e Alex Morgan si sono rivolte alla Commissione federale per le pari opportunità per avere lo stesso trattamento degli uomini. La netta distanza salariale è rimasta, ma grazie un accordo tra le federazioni americane, le più forti del mondo hanno avuto aumenti nelle paghe di base, bonus per le vittorie e più sostegno finanziario nei casi di gravidanza.
DANIMARCA - In Danimarca il traguardo non è stato ancora raggiunto ma l'obiettivo è lo stesso. Con la battaglia che è andata oltre la semplice dialettica: il mese scorso la nazionale guidata da Pernille Harder, uno degli attaccanti più forti del mondo, che gioca in Germania con il Wolfsbrug, si è rifiutata di scendere in campo per l'amichevole da tutto esaurito con l'Olanda campione d'Europa e ha dato la sua disponibilità a giocare il match di qualificazione al Mondiale (successo 6-1 con l'Ungheria) solo di fronte un'apertura da parte della federazione alla richiesta di rivalutazione economica. Il problema è più grave di quello che sembra: le giocatrici incassano dalla federazione 300 euro per ogni impegno ufficiale (per le amichevoli non è previsto nessun tipo di rimborso) ma non sono considerate dipendenti, anche se passano all'anno circa 70 giorni a disposizione della nazionale. Uno stipendio, in un sistema che non è del tutto professionistico (alcune giocatrici fanno altri lavori e spesso sono obbligate a predere giorni di ferie o permessi per non saltare raduni e partite), troppo basso per vivere. La trattativa prosegue, un aiuto può arrivare, anche in questo caso, dalla selezione maschile, che si è detta pronta a rinunciare a 500 mila corone danesi, circa 70 mila euro per supportare le richieste della squadra femminile.
IRLANDA - In altri Paesi, come l'Irlanda, l'uguaglianza salariale è una chimera. A livello femminile mancano strutture e servizi di base, come uno staff medico di primo livello. Lo scorso aprile il capitano Emma Byrne e l'attaccante Aine O'Gorman hanno minacciato, insieme ad altre compagne, uno sciopero per migliorare le condizioni, attualmente inaccettabili. Qualche esempio? L'obbligo di cambiarsi nei bagni pubblici o di condividere la tuta di allenamento o di rappresentanza con le selezioni giovanili. Follia pura, le donne devono avere gli stessi diritti degli uomini. Anche nel calcio.