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  • 'Stavamo bene insieme', la storia di un gruppo di amici che rendono immortale il Milan di Ancelotti

    'Stavamo bene insieme', la storia di un gruppo di amici che rendono immortale il Milan di Ancelotti

    • Alessandro Di Gioia
    "Il nostro segreto alla fine era uno solo: stavamo bene insieme". La frase che dà il titolo al documentario di Dazn firmato da Mattia Molinari è l'emblema del Milan di Carlo Ancelotti e della sua epopea europea: tre finali di Champions League in cinque anni, di cui due vinte, a Manchester contro la Juve dopo aver eliminato l'Inter in semifinale nei due derby più sentiti della storia di Milano e dei milanesi, e ad Atene, ancora contro il Liverpool dopo la rovinosa caduta di Istanbul con i Reds di Rafa Benitez.

    E te ne accorgi, che stavano bene insieme e continuano a farlo, quando li vedi parlare ed emozionarsi, su un palco allestito all'interno dello stadio di San Siro, il locus amoenus da cui tutto parte e in cui tutto ritorna: Massimo Ambrosini, ideatore del docufilm, il capitano Paolo Maldini, Alessandro Nesta, Gennaro Gattuso, Andrea Pirlo e Pippo Inzaghi. Un gruppo di sei colleghi, ma soprattutto un gruppo di sei amici, quasi fraterni, che nei primi anni del 2000 hanno costituito uno spogliatoio e un'anima nuovamente vincente in una squadra che nei decenni precedenti, con Fabio Capello e Arrigo Sacchi, aveva già raggiunto la vetta del mondo.

    Eppure Adriano Galliani, dirigente e architetto di quelle incredibili imprese, lo conferma a gran voce: "L'atmosfera che c'era nel Milan di Carlo Ancelotti era qualcosa di meraviglioso, non è mai successo in nessuna squadra". L'aurea del saggio Paolo Maldini, trait d'union tra le tre maglie rossonere più rinomate e vincenti della storia, lo conferma: "Siamo stati compagni di tutto, ci siamo visti in tutte le vesti possibili: il nostro segreto era quello". Allora le imprese sportive diventano quasi il contorno di sei storie di vita, di sei differenti romanzi di formazione in grado di caratterizzare la storia personale di sei campioni del nostro calcio.

    Le vittorie, le sconfitte, il gioco diventano quasi secondari rispetto al rapporto tra i protagonisti di quelle imprese, proprio perché le imprese sono frutto del rapporto. Senza l'uno non sarebbero mai potute esserci le altre: le sliding doors sono tante, il rigore sbagliato da Inzaghi contro il Torino che costa la panchina a Terim, l'arrivo di Ancelotti, lo spostamento di Pirlo in mezzo al campo, i due preliminari vinti con fatica contro Slovan Liberec e Stella Rossa, l'acquisto di Nesta, il gol di Tomasson all'Ajax, la parata di Abbiati su Kallon, il rigore del 13 in finale contro Buffon. Positive, ma anche negative: il Liverpool di Gerrard capace di rimontare grazie ai tifosi e alle idee tattiche di Benitez, il miracolo di Dudek su Shevchenko al 120' nella finale, il portiere polacco alla Grobbelaar su ispirazione di Carragher, "la finale migliore mai preparata e mai giocata persa per motivi ancora incomprensibili, con la miglior squadra di quegli anni del Milan": 

    Proprio come in un romanzo di formazione, c'è un punto della vicenda in cui i protagonisti sembrano non farcela. Istanbul è un dolore troppo grande da superare, qualcuno come Gattuso pensa perfino di mollare, ma l'organizzazione di una società presa ad esempio da tutti i club del mondo, le figure forti di Berlusconi e Galliani, la tranquillità di Ancelotti, la personalità di Maldini, la voglia di Inzaghi offrono una seconda incredibile possibilità, a soli due anni di distanza: qualcosa che nel calcio non si è mai visto, due finali a distanza di 700 giorni tra le stesse due squadre. Una possibilità di espiazione e rivincita che la vita non ti concede quasi mai, figuriamoci il calcio.

    Però, alla fine, come ribadisce Carlo Ancelotti in uno dei momenti più toccanti del documentario, "i conti tornano sempre": per lui, esonerato male dalla Juve e capace due anni dopo di infliggerle una delle sconfitte più brucianti della sua storia. Per il Milan, capace di rinascere dalle ceneri di una delle beffe più atroci della storia dello sport, grazie all'arrivo di un "salvatore" dal Brasile, dai tratti gentili e l'aspetto comune. I conti tornano soltanto se stai bene con i tuoi compagni di viaggio: un gruppo di amici che ha reso immortale la squadra di Carlo Ancelotti, in maniera differente dalla "squadra più bella di sempre" di Sacchi e dagli "Invincibili" di Capello. Un modo più umano, costituito da gioie, inciampi, cadute e risalite, e forse per questo il più bello: un percorso di vita, un Bildungsroman a tinte rossonere.

    @AleDigio89

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