Squadre B, perché opporsi? La Primavera non prepara i giovani
In Spagna la tradizione delle seconde squadre affonda le sue radici fino agli anni ’50. La regola è che la seconda squadra (che spesso cambia la sua denominazione: c’è il Sevilla Atletico, il Valencia Mestalla, eccetera) deve stare almeno una categoria sotto rispetto alla squadra principale. Praticamente tutti i giocatori spagnoli che oggi sono nel giro della nazionale hanno avuto un passaggio significativo in una seconda squadra del club di appartenenza. Campioni usciti dalla squadra-riserve ce ne sono tanti. Tolti i fuori categoria (Messi si sarebbe messo in luce giocando ovunque), da Morata a David Silva, da Jordi Alba a Xavi, da Busquets a Carvajal, da Luis Alberto a Cazorla: hanno tutti iniziato la loro carriera giocando in una squadra-riserve. Il ricambio generazionale - come dimostrano i successi della Spagna a tutti i livelli funziona: c’è sempre un talento in rampa di lancio. Vale anche per gli allenatori: Zidane ha cominciato dal Castilla, la seconda squadra del Madrid. Il passaggio dalla squadra B alla squadra A (e viceversa) è consentito a giocatori Under 23 o Under 25 (ma con contratto professionistico). Nelle squadre riserve ci giocano i ragazzi del settore giovanile, ma anche talenti o presunti tali pescati all’estero e portati a casa: Real e Barcellona lo fanno spesso.
In realtà la prima nazione europea a introdurre il campionato-riserve è stata l’Inghilterra, nel 1911, mentre nel 1999 è stata lanciata la Premier Reserve League e sei anni fa - 2012-13 - il campionato riserve ha assunto una connotazione più mirata ai settori giovanili, con campionati per Under 21 e per Under 18. In Germania invece le seconde squadre giocano nella 3 Liga, l’equivalente della nostra serie C, e più su non possono andare. Funziona anche lì: Rudiger, Khedira, Hummels, Thomas Muller, Boateng e Alaba hanno cominciato a giocare con continuità nelle squadre-B. Non ci sono limiti di età, così come avviene in Francia, dove le squadre-riserve possono iscriversi dalla quarta serie in giù.
La squadra B permette di valutare - in un campionato competitivo - la crescita di un ragazzo, senza perderlo di vista come succede quando lo si sottopone ad una girandola di prestiti, e consente ai club di sviluppare all’interno delle proprie strutture - di alto livello - il talento dei presunti campioncini. Parliamo di formazione di un giovane calciatore, passaggio necessario verso la piena consapevolezza di sè. Di fatto le squadre riserve si sono rivelate il collegamento più naturale e fruttuoso tra il settore giovanile e il calcio professionistico. Funzionano? All’estero sì. E da noi? Lo scopriremo solo vivendo (al netto di scioperi e dietrofront o compromessi all'italiana).