Sport e religione, rapporto complicato: da Sandy Koufax a Salah fino al Maccabi Haifa, una storia di aut-aut
RINUNCIA ALLO SPORT - Come nel 1965, quando lo statunitense di fede ebraica Sandy Koufax, uno dei migliori lanciatori di sempre nel baseball, rinunciò alla prima partita delle World Series perché cadeva lo stesso giorno di Yom Kippur. Scelta che non gli ha impedito di entrare nella storia dello sport, ma che ha fatto scalpore. Oppure si può citare Dudi Sela, tennista israeliano che nel 2017 stava vincendo al terzo set contro Dolgopolov, ma si ritirò sul punteggio di 1-0 per lui perché la partita si era protratta all'interno dell'arco di tempo interessato dalla sacralità. Sela aveva chiesto di anticipare l'orario, ma senza successo. Nessuna rinuncia per il Maccabi contro la Juve, ma certo condizioni fisiche da monitorare minuto per minuto per i giocatori interessati. A meno che lo sport non prevalga sulla fede...
RINUNCIA ALLA RELIGIONE - Totale o parziale. Nel 2018, il motociclista malese Hafizh Syahrin, pilota del team Tech3, ha interrotto il digiuno mensile del Ramadan (ricorrenza musulmana) adducendo la seguente motivazione: "Ho provato, ma mi sentivo troppo debole per guidare non mangiando e non bevendo nei soliti orari". Decisione drastica che però ha salvaguardato la professione. Una via di mediazione è stata trovata dalla stella egiziana del Liverpool Mohammed Salah, sempre nel 2018, in occasione della finale di Champions poi persa a Kiev contro il Real Madrid: la religione islamica permette a chi deve sostenere lunghi viaggi di lavoro di interrompere il Ramadan per poi recuperare in coda e totalizzare comunque 30 giorni di digiuno. Il caso di Salah, che doveva raggiungere l'Ucraina partendo dall'Inghilterra, calzava a pennello, dunque la rinuncia ai principi della fede non è stata totale, ma solo parziale.