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Spalmania: condannati da un'uscita
È evidente che condannare un solo giocatore per una sconfitta, a maggior ragione un portiere, sia poco elegante e forse ingiusto. Però la partita di ieri ha dimostrato che in un calcio competitivo come quello italiano gli episodi fanno la differenza. Tutta la differenza del mondo. E in questo senso la Spal come gruppo è ancora decisamente immatura, perché soffre in modo esagerato e a tratti ingiustificato alcuni passaggi chive delle partite più delicate. Una condizione mentale questa che trasmette insicurezza e incertezza a tutta la squadra, vittima di se stessa e degli errori assurdi dei suoi giocatori.
Come detto, condannare un portiere per un errore è quasi sempre ingiusto o eccessivo. Milinkovic-Savic, però, ha già dimostrato più e più volte di non essere all’altezza della Serie A. Per evidenti limiti tecnici, che si sostanziano in una eccessiva lentezza fisica (come evidenziato negli errori contro la Lazio, nei quali è stato oltremodo nel tuffarsi per disinnescare il gol di Cataldi) e nelle uscite alte, che sono il suo grande tallone d’Achille. Non solo, perché il portiere serbo, pur consapevole delle proprie difficoltà sui palloni aerei (surreali, va ripetuto, per via dell’altezza) continua ad azzardare uscite senza senso come quella di ieri, dimostrando di essere anche poco maturo e inconsapevole dei propri limiti. Resta il rammarico per una grande occasione sprecata, per una qualificazione che sembrava alla portata. Ora la mente deve tornare al campionato e all’obiettivo salvezza, che potrà essere raggiunto solo superando i limiti di personalità di una squadra che almeno dal punto di vista tecnico non ha nulla da invidiare alle dirette concorrenti.