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    Spalletti da oggi ha un'Inter migliore, ma se il Bologna fosse rimasto in 11...

    Spalletti da oggi ha un'Inter migliore, ma se il Bologna fosse rimasto in 11...

    • Giancarlo Padovan
    Due mesi senza vittorie (otto pareggi) sono troppi per tutti. Figurarsi per uno come Luciano Spalletti che avevamo lodato senza riserve fino all’inizio di dicembre e che ha il compito di portare l’Inter - adesso terza in classifica - in Champions League.

    Finalmente con il Bologna (2-1) i tre punti sono arrivati e non possiamo trascurare che, anche questa volta, l’allenatore ci ha messo del suo. A regalarglieli, infatti, è stato Yann Karamoh, diciottenne francese (ma nato in Costa d’Avorio), che Spalletti ha preferito a Candreva in una formazione iniziale assai mutante, dove Brozovic ha fatto il trequartista dietro a Eder, mentre Perisic ha giostrato prevalentemente da interno di sinistra.

    Insomma qualcosa si è mosso e l’allenatore ne ha avuto conferma, oltre che della sua intuzione, anche della qualità di un nuovo arrivato (Rafinha, in campo dal 13’ della ripresa al posto di un fischiatissimo Brozovic) e dall’utilità di Lisandro Lopez.

    Per la verità quest’ultimo non avrebbe rilevato Miranda all’inizio della ripresa se il centrale titolare non si fosse infortunato (problema muscolare all’inguine), a conferma che le sue non buone condizioni fisiche ne hanno condizionato la gara, forse determinando l’errore che ha consentito al Bologna di pareggiare momentaneamente. Lisandro Lopez è ancora un po’ arrugginito (è stato puntato due volte e due volte è stato saltato), ma ha fisico, esperienza, capacità di adattamento. Non bisogna lasciarlo all’uno contro uno perché la velocità non è il suo forte.

    L’Inter ha giocato un po’ meglio del solito. Tuttavia, se non fosse rimasta in superiorità numerica, prima per l’espulsione di Mbaye (68’) e poi per il rosso diretto a Masina (90’), forse avrebbe subito l’ennesima rimonta. La sindrome da vittoria, altrimenti detta “paura” di vincere, l’avrebbe prima attanagliata e poi stritolata. Se fosse realmente accaduto, sarebbe stato un problema serio perché - dopo la Spal a Ferrara e il Crotone in casa - assai probabilmente avrebbe decretato l’ufficializzazione di una crisi difficile da superare.

    Invece, pur soffrendo con l’uomo in più, l’Inter ce l’ha fatta e può guardare a classifica (due punti sulla Lazio) e calendario con un certo ottimismo (domenica andrà a Genoa, sponda rossoblù). Certo, il risultato è importante, ma giocare meglio di come si è fatto nella seconda parte del primo e del secondo tempo è necessario.

    Resto sempre convinto che l’artefice di una rinascita globale debba essere Spalletti.

    Ribadire che la società ha le sue colpe nell’averlo deluso sia al mercato estivo, sia nella finestra di gennaio, serve a nulla. Qui è Rodi e qui si deve saltare.

    L’importante è che se Icardi non c’è (seconda assenza consecutiva) segni Eder (dopo un minuto e trenta secondi, assist di Brozovic, messo in moto da Karamoh) e, quando bisogna raddoppiare, ci sia un Karamoh non qualsiasi che ci metta dinamismo, forza e precisione (18’ della ripresa: sinistro dal limite, dopo scambio rapido con Rafinha).

    Non è che l’Inter non abbia creato occasioni (traversa di D’Ambrosio al 3’ della ripresa), è che non è ancora in grado di gestire le varie fasi di una partita. Laddove la Juve - stiamo parlando di una grande squadra - è maestra, i nerazzurri latitano, tentennano, sbagliano.

    Sintomatico il gol del pareggio, subito al 25’ del primo tempo, per opera di Palacio. La palla era tra i piedi di Skriniar che ha affrettato il disimpegno sparando addosso a Miranda. Il brasiliano avrebbe potuto controllare con calma e invece ha svirgolato finendo per servire Palacio che, dopo un bellissimo controllo, ha insaccato. 

    Senza Karamoh (ma, lo ripeto, anche senza Rafinha che, tra l’altro, ha provocato l’espulsione di Mbaye), probabilmente sarebbe finita così (se non peggio).

    Invece Spalletti adesso sa che un’altra Inter c’è e una migliore, fortunatamente, è ancora possibile. 
     

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