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    Spagna, Francia, Germania e Inghilterra: che rose abbondanti! Povera Italia...

    Spagna, Francia, Germania e Inghilterra: che rose abbondanti! Povera Italia...

    • Matteo Quaglini
    L'Europeo, che comincerà tra una settimana, ci pone di fronte ad un fenomeno calcistico che merita uno studio: l’abbondanza delle rose delle nazionali di Spagna, Francia, Germania e Inghilterra rispetto alla poca e scadente possibilità di scelta del nostro calcio.

    Dobbiamo da subito chiederci: perché le selezioni nazionali degli altri 4 più importanti campionati europei hanno una maggiore possibilità di scelta, sia nella quantità sia nella qualità dei giocatori? La risposta è nella difesa e nello sviluppo costante della formazione dei giocatori autoctoni e nella capacità di ideare, organizzare e portare avanti una serie di politiche sportive di crescita tecnica dei vivai, lungimiranti e legate a un progetto a lungo termine.

    Per capire bene gli aspetti più importanti di questo fenomeno che a tutt’oggi è storico e che per la prima volta -in cento anni di calcio- ci vede dentro una crisi di qualità profonda, occorre un quadro sintetico della situazione. Questa deriva si manifesta attraverso grandissime carenze nei ruoli classici e chiave del nostro calcio: il regista, le mezzali, l’ala destra e il centravanti. Tutti ruoli che queste quattro nazionali coprono non bene, ma benissimo!

    Un confronto tra le altre Federazioni e la nostra è necessario per capire le differenze e i rapporti di forza tra il nostro movimento e quelli europei, rapporti oramai fortemente sbilanciati. L’analisi presenterà organizzazioni diverse, piani di politica sportiva opposti, dati e numeri, ma alla fine tutti questi elementi porteranno alla stessa identica tesi: il nostro calcio ha perso la sua capacità di formare e presentare sul palcoscenico internazionale giocatori di livello europeo, costruendo così di riflesso più corridori che numeri 10, più giocatori difensivi che creativi, più calciatori orizzontali (nel senso del gioco) che verticali com’era invece nella nostra storia nazionale.

    Iniziamo dal dossier Spagna: la Reale Federazione Spagnola ha impostato negli anni il suo lavoro di formazione dei giocatori iberici su principi nazionali e territoriali questo significa che ha mantenuto forte la radice storica dei giocatori spagnoli dentro il campionato. Il 58,1% dei 485 giocatori che compongono le rose delle squadre spagnole sono autoctoni e permettono alla Spagna di essere al primo posto in questa classifica tra i cinque campionati continentali (1°Spagna 58,1%; 2°Francia 51%; 3°Germania 50%; 4°Italia 44,4%; 5° Inghilterra 35,4%). Questo spiega la prima differenza con il nostro movimento in termini di possibilità di scelta che è distante di 14,4 punti percentuali con il nostro 44,4% di giocatori italiani su 527 in Serie A. 

    Il calcio spagnolo, pur dentro varie controversie, ci ha staccato nettamente circa la possibilità di formare prima, far giocare poi e scegliere infine un numero abbondante di giocatori per la nazionale. Gli “Olvidados de Del Bosque” sono il manifesto programmatico di una nazionale che può scegliere tra numerose soluzioni tutte tese verso la qualità: Javi Martinez; Victor Ruiz; Bernat; Cazorla; Isco; Saul; Vitolo e Diego Costa. Non è la lista degli spagnoli a Francia2016 ma quella dei nazionali fuori dall’Europeo

    Spagna, Francia, Germania e Inghilterra: che rose abbondanti! Povera Italia...

    Le conclusioni sono due e sono chiare: dentro una politica sportiva nazionale (legata a ragioni storico-culturali e a regionalismi conclamati, Castiglia, Catalogna e Paesi Baschi) che importa grandi stranieri, si muove però parallelamente una politica di tutela e sviluppo dei talenti nazionali. Con quale strumento? La risposta è con il mezzo della cura della tecnica individuale: il problema della didattica e dell’insegnamento della tecnica è ampio e non riguarda quest’articolo, ma non c’è dubbio che sia una ragione che spiega l’abbondanza degli spagnoli rispetto a noi: loro curano il gesto, noi pensiamo troppo in fase giovanile a schemi e possesso palla creando così molti buoni corridori e pochi, pochissimi atleti di talento.

    Dopo la Spagna, l’altro grande riferimento è la Francia. La FFF (Federation de Football Francaise) ha impostato un articolato sistema di reclutamento e formazione dei giocatori che muove i suoi passi in maniera snella e strutturata, l’abbondanza nelle scelte di Deschamps è possibile soprattutto grazie a questo sistema fatto di una divisione del calcio nazionale in 22 dipartimenti metropolitani con altrettante leghe regionali. Dalla Ligue Atlantique a quella della Basse-Normandie; dalla Ligue Mediterranee a quella di Paris-ile de France tutte con un numero altissimo di tesserati e quindi di potenziali giocatori per la nazionale francese. La Ligue Atlantique ad esempio ha 102.720 praticanti registrati presso la Federazione, ne consegue che il totale metropolitano (la somma delle leghe regionali) dei praticanti (senza contare il calcio amatoriale molto diffuso in Francia) è di 1.747.666; tutti potenziali giocatori da selezionare. Ci sono altri quattro elementi che descrivono il nostro divario attuale con gli organizzatori del torneo continentale, gli elenchiamo per definirli: 1. Il connubio fortissimo tra i club e i loro settori giovanili, 2. Un ramificato sistema di reclutamento e formazione di giovani giocatori a partire dalle scuole locali, regionali e cittadine con quattro sezioni di sviluppo tecnico e umano dei ragazzi che cominciano dai 6 anni e arrivano fino alla Section Regional Sportive dei 18 anni, passando per quella Elite dei 14 anni. 

    Qui gli obiettivi da raggiungere sono tre: formare il giocatore come persona in un contesto di squadra; allenare le sue caratteristiche; migliorarne la tecnica. 

    Il terzo punto è L’Accademia di calcio del Le Havre la migliore di Francia e il centro tecnico di Clairefontaine, dove si mette in moto tutto un complesso ma efficiente sistema di formazione degli allenatori di base necessari a loro volta a formare i giocatori in età giovanile.

    Se contrapponiamo il nostro sistema a questo sempre in funzione della poca quantità e qualità dei giocatori vediamo che noi non abbiamo una politica forte sul settore scuola ad esempio, ma pareggiamo Claire fontaine con Coverciano e le Accademie con settori giovanili storici come quello dell’Atalanta o emergenti come quello del Sassuolo (infatti, le prime squadre hanno il maggior numero d’italiani in rosa nel campionato, rispettivamente 19 e 20). Il punto focale è che siamo poco inclini a politiche di sperimentazione e crescita dei giovani rispetto ai francesi; è vero che i grandi club da noi devono vincere mentre in Francia la lotta scudetto è meno sentita con il Psg che vince con venticinque punti di vantaggio e questo giustifica in parte le politiche di lancio dei giovani delle altre squadre, ma il basso numero di giocatori italiani tra le prime cinque della nostra Serie A (32) non può non ripercuotersi sulle scelte di Conte e dare il perché delle nostre carenze strutturali.

    Un dato ancora per la Francia per spiegare la loro abbondanza rispetto a noi e che è anche un modo per ribadire come i nostri quadri dovrebbero ritrovare nella storia e nella nostra tradizione di formazione dei giocatori la risposta a questa crisi cronica: i francesi hanno a disposizione un altro 1.830.827 di giocatori, sono quelli delle nove leghe extra-continentali, tra cui: Guyane; Martinique e Polynesie Francaise. I francesi monitorano dunque 2.135.193 giocatori, gli dobbiamo contrapporre un programma politico di qualità e non di quantità!

    La Germania e l’Inghilterra infine sono più abbondanti di noi e hanno una rosa migliore della nostra a questi Europei per due diverse ragioni: i tedeschi stanno raccogliendo i frutti della politica del 2002 quella che ha riaperto – col finire della generazione dei Matthaus e dei Brehme – le porte ai giovani e ai settori giovanili; l’hanno fatto dopo essere divenuti vice campioni del mondo, mentre noi dopo il 2006 abbiamo pensato di essere sul tetto del mondo invece di corroborare la vittoria con una nuova politica di sviluppo. 

    Il caso Inghilterra è particolare perché è il più vicino a noi. Quinti con solo il 35.4% di giocatori inglesi, figli di un campionato internazionale che va venduto in tutto il mondo e con 19 giocatori in meno da scegliere rispetto a noi (215 a 234) sono comunque più abbondanti e meglio strutturati nella nazionale. Perché? Perché le grandi squadre (6) hanno in totale 50 giocatori inglesi tra cui scegliere contro i 32 delle nostre big e se aggiungiamo alle solite note il Leicester campione arrivano a 61 giocatori. Ecco perché gli inglesi che pure hanno 392 stranieri nel campionato su 607 giocatori, presentano i vari Wilshere; Kane; Rashford; Vardy e Dier.

    Tirando le somme e ben sapendo che tutti i sistemi presentano controversie bisogna dire che la nostra crisi non è solo nei numeri ma piuttosto nelle idee e nei concetti, conosciamo il problema ma non ci adoperiamo per politiche nuove, disconoscendo di fatto la nostra mentalità creativa. E’ vero che Conte ha 48 giocatori in meno del campionato spagnolo; 26 in meno del tedesco e 42 in meno del francese tra cui scegliere, ma per tornare ad essere abbondanti in quei settori di centrocampo e attacco dov’eravamo i numeri uno in Europa e presentare una signora nazionale, dobbiamo ripensare il nostro calcio in tutti i suoi settori organizzativi e tecnici non copiando ma capendo, non puntando sulla quantità ma sulla qualità.

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