SOLO MILAN, Fontana: 'Ma il Milan è davvero tornato grande?'
La vittoria di San Pietroburgo potrebbe avere tutti i crismi dell'impresa. Campo difficile, grande partenza e stoccata finale dopo una rimonta subita che poteva incrinare le poche sicurezze psicologiche della squadra di Massimiliano Allegri. Eppure, è indispensabile definire al meglio i contorni della sfida contro lo Zenit per capire a che punto è il processo di crescita del Milan.
Allegri si sta avvicinando alla "quadra" con un tentativo dopo l'altro. Soltanto una quindicina di giorni fa aveva varato un 4-3-3 teso a esaltare le doti di colpitore di Giampaolo Pazzini. Ma, sin dall'exploit di Udine, è stato subito chiaro che a essere esaltato dalla nuova disposizione tattica era soprattutto Stephan El Shaarawy. Il prodotto del vivaio genoano arriverà quindi al derby con 5 gol segnati in 4 partite, tutti di fattura più che pregevole.
Il modulo, nel frattempo, è divenuto un 4-2-3-1 che sembra decisamente meno finalizzato a sfruttare Pazzini (andato a segno soltanto a Bologna) e che potrebbe invece valorizzare le doti di Bojan, prima punta minuta ma abile nell'esaltare gli inserimenti dei trequartisti con i propri passaggi in profondità. L'unica vera evoluzione, quindi, è l'essere finalmente passati da un modulo modellato sulle caratteristiche di Zlatan Ibrahimovic a uno ideale per El Shaarawy.
Il "Piccolo Faraone" sta crescendo esponenzialmente nel ruolo di attaccante di sinistra, una posizione nella quale può tagliare verso il centro passando tra le linee di centrocampo e difesa. Un ruolo che gli permette di esaltarsi negli spazi concessi in ripartenza, ma anche aiutare non poco in copertura. Cinque gol in undici giorni, però, sono un bilancio al di là delle più rosee aspettative.
El Shaarawy si sta scoprendo grande. Il Milan, invece, è ancora indietro. La partita con lo Zenit ha dimostrato che gli uomini di Allegri soffrono ancora di troppi passaggi a vuoto. Il centrocampo affidato a De Jong e Ambrosini o uno dei due più Montolivo, non dà le sufficienti garanzie. Né in fase di interdizione, né in quella di impostazione, dove l'ex Viola non riesce quasi mai a tenere in mano il pallino del gioco per gli interi 90'.
Da qui nasce gran parte dei problemi che ancora devono essere risolti. Perché se la mediana non è sicura, nemmeno la squadra lo è. Anche perché sulla trequarti, fatta eccezione per El Shaarawy, non vi sono grandi certezze. Boateng è ancora soltanto il lontano parente del giocatore ammirato sino a un anno fa e insistere a posizionarlo da numero dieci sembra accanimento puro.
I crucci per Allegri, però, sono anche in difesa. Un reparto in cui il tecnico rossonero non ha mai schierato gli stessi giocatori, un pacchetto che non ha trovato ancora un degno erede di Thiago Silva e nemmeno di Nesta. E, soprattutto, a San Pietroburgo ha incassato il sesto gol su calcio piazzato nelle 8 partite ufficiali sinora disputate. Troppo per una squadra di alto livello, anche perché Abbiati è stato sempre battuto tranne nelle sfide con Anderlecht e Cagliari. Se il Diavolo vuole davvero dirsi grande, dovrà misurarsi con ben altri avversari. A partire dall'Inter.