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Sogno e Incubo, il 2° Scudetto della Lazio: l'apogeo dell'era Cragnotti con il sorpasso all'ultimo alla Juventus
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“Sono le 18 e 04 del 14 maggio del 2000. La Lazio è campione d’Italia!”. La celeberrima frase del radiocronista Riccardo Cucchi segna un momento storico. Nell’anno del Giubileo e del centenario dalla fondazione in Piazza della Libertà, nel cuore di Roma, a due passi da Piazza del Popolo, la Lazio scrive una pagina indelebile: la squadra allenata dal compianto e amatissimo Sven-Goran Eriksson conquista il secondo Scudetto della sua storia e torna sul tetto d’Italia.
Un trionfo arrivato al termine di un percorso degno della sceneggiatura di un romanzo, con il sorpasso all’ultimissima curva, in una giornata che ha scritto la storia non solo del club biancoceleste ma del campionato italiano. I successi nel derby del 25 marzo contro la Roma per 2-1 in rimonta, grazie al calcio di punizione di Juan Sebastian Veron, e al Delle Alpi contro la Juventus il 1° aprile, firmato dal colpo di testa del ‘Cholo’ Simeone avevano lasciato presagire ad un finale epico, arrivato con il successo sulla Reggina e le radioline accese in attesa del verdetto del campo del ‘Renato Curi’ di Perugia, dove alla Juventus capolista bastava fare il proprio dovere per portare a casa il primo campionato del nuovo millennio.
Il destino, però, sovverte un epilogo scritto, riscrivendo un finale divenuto epico: la pioggia di Perugia, la gara sospesa, il ritorno in campo e il gol di Alessandro Calori, risuonato nelle radioline di un Olimpico stracolmo di ogni posto, dal campo alle tribune, con l’invasione di campo al triplice fischio di Lazio-Reggina. Un’attesa trepidante che si era ben presto trasformata in una gioia incontenibile per il popolo biancoceleste, proprio alle 18:04, quando il sogno è diventato realtà. ‘Il dado è tratto’, la storia è scritta: la Lazio è campione d’Italia.
L’ERA CRAGNOTTI
Tutto inizia otto anni prima, nel 1992, quando Sergio Cragnotti acquista la Lazio. Imprenditore visionario e ambizioso, Cragnotti vede nella Lazio un potenziale inespresso ed era determinato a trasformare il club in una potenza del calcio europeo. Il suo progetto è chiaro: costruire una squadra in grado di competere con i giganti del calcio italiano, come Juventus, Milan e Inter, attraverso investimenti mirati e strategie innovative. È stato lui a riportare a Roma - dopo l’esperienza in giallorosso - Sven-Goran Eriksson, un tecnico dalla mentalità moderna, capace di unire pragmatismo e spettacolo. Lo svedese arriva a Roma dall’esperienza alla Sampdoria, dopo aver allenato Benfica, Fiorentina e Roma. Il nuovo corso della Lazio è all’insegna dei campioni, con alcuni di questi nei panni di veri e propri simboli. Alessandro Nesta, cresciuto nelle giovanili del club, era diventato il simbolo dell’anima laziale, mentre stelle internazionali come Pavel Nedved e Juan Sebastian Veron alzano il livello tecnico della squadra. E poi ci sono i veterani: Roberto Mancini, il leader carismatico e l’uomo d’esperienza, che aveva il compito di guidare il gruppo nei momenti difficili, e Sinisa Mihajlovic, il mago delle punizioni. Anno dopo anno, la Lazio si avvicina al sogno. Nel 1998 vince la Coppa Italia, nel 1999 la Coppa delle Coppe, nella finale di Birmingham contro il Maiorca e sfiora lo Scudetto, cedendo in rimonta all’ultima giornata al Milan dopo un vantaggio di sette punti a otto partite dal termine. Quella sconfitta lascia una ferita profonda, ma alimenta anche una sete di rivalsa. Nel frattempo arriva il trionfo in Europa contro il Manchester United di Sir Alex Ferguson, a Montecarlo per 1-0 grazie alla rete di Marcelo Salas. Ma nel 1999/2000, l’obiettivo era uno solo: vincere lo Scudetto.
IL MERCATO
È passato appena un anno da quando Sergio Cragnotti aveva messo sul tavolo i 50 miliardi di lire chiesti dall’Atletico Madrid per riportare in Italia Christian Vieri. L’attaccante italiano si laurea ‘pichichi’ della Liga con 24 gol in 24 partite e Cragnotti - dopo aver quotato il club in Borsa, il primo in Italia - decide di accontentare Eriksson e portare all’ombra del Colosseo il centravanti. Il sogno Scudetto si infrange a Firenze, a 90 minuti dal termine del campionato, sotto i colpi di Batistuta. Un anno dopo dal suo arrivo, l’esperienza di Vieri alla Lazio è già giunta ai titoli di coda. Moratti accontenta la richiesta di 90 miliardi di lire di Cragnotti, che porta a Roma Veron e Simeone, costruendo un centrocampo incredibile, oltre a Mihajlivic in difesa, che Sven-Goran conosce dai tempi della Sampdoria.
IL PERCORSO
La stagione 1999/2000 può tranquillamente essere definita come una delle più competitive nella storia del calcio italiano. Le ‘sette sorelle’ nel massimo del loro splendore e duelli avvincenti gara dopo gara: ogni punto conquistato valeva doppio. Nell’estate 1999, la Juventus guidata da Carlo Ancelotti è considerata la favorita nella griglia di partenza estiva con calciatori come Alessandro Del Piero, Edgar Davids e Filippo Inzaghi, Ma la Lazio non era da meno. Fin dall’inizio della stagione, la squadra di Eriksson mostra un calcio spettacolare e solido. La difesa, guidata da Nesta e Mihajlovic, è quasi impenetrabile. Il centrocampo combina tecnica e grinta grazie a Veron, Simeone e Nedved. In attacco, Marcelo Salas e Simone Inzaghi garantiscono gol e spettacolo. La Lazio chiude il girone d’andata a 35 punti, -1 dalla Juventus campione d’inverno, con due sole sconfitte, contro la Roma nel derby e contro il Venezia. Il rallentamento arriva a ritorno, quando dopo l’eliminazione nei quarti di Champions League contro il Valencia, la squadra di Eriksson conquista un punto in due gare contro le milanesi, con il KO contro il Milan in trasferta e il pari in casa contro l’Inter per 2-2. Il momento più difficile, però coincide con la sconfitta contro il Verona, un passo falso che rischia di compromettere la corsa al titolo. Il 17 marzo, un gol di Mutu sembra spegnere a otto turni dal termine i sogni di gloria dalla squadra biancoceleste. La Lazio scivola a -9 dalla Juventus: serve un miracolo, che effettivamente arriverà grazie al capolavoro di Sven-Goran Eriksson, che infila una serie positiva di sette vittorie di fila e un pari a Firenze fino all’epilogo clamoroso del 14 maggio.
LA SVOLTA
Uno dei momenti chiave della stagione è il derby di ritorno contro la Roma, giocato il 25 marzo 2000. La Lazio arriva alla partita con una pressione enorme: una sconfitta avrebbe quasi certamente significato l’addio al sogno scudetto. All’Olimpico, però, i biancocelesti giocarono una stracittadina di grande qualità, generosità e passione, spinti dal proprio pubblico. Nedved domina il centrocampo, Mancini guida l’attacco con la classe di sempre, e Veron si rivela decisivo con un gol da cineteca. Il ceco pareggia i conti dopo il vantaggio di Montella, l’argentino completa l’opera e ribalta il risultato con una rete incredibile direttamente su calcio di punizione. La Lazio vince 2-1 e approfitta della sconfitta della Juventus, che alla vigilia dello scontro diretto cade in casa del Milan. La vittoria contro la Roma fu per la Lazio di Eriksson non solo successo, ma una dichiarazione d’intenti: la squadra non avrebbe mollato. Una settimana più tardi i capitolini mettono a segno il ‘delitto perfetto’ in casa della Vecchia Signora. Il gol di Diego Pablo Simeone con un colpo di testa che beffa un impietrito Edwin Van der Saar consentono alla Lazio di dimezzare lo svantaggio. Le tre dita al cielo del Cholo indicano la distanza in classifica: una vittoria divide biancocelesti e bianconeri.
DUE PUNTI E 90 MINUTI
Un gol di Lombardo, ennesima risorsa di lusso, decide la sfida contro il Perugia nel turno successivo. Tuttavia, la Juventus espugna Bologna nei minuti finali e resta in vetta. A quattro giornate dalla fine, i bianconeri allungano a +5: espugnano il campo dell'Inter, mentre la Lazio si ferma sul 3-3 a Firenze, con Batistuta che segna nel recupero. Sette giorni dopo, la Juventus di Ancelotti supera di misura la Fiorentina, ma la Lazio tiene il passo grazie alle reti di Simeone e Verón, che regalano una preziosa vittoria a Piacenza. Alla 32ª giornata, gli uomini di Eriksson accorciano le distanze: faticano ma battono il Venezia 3-2, mentre la Juventus subisce un’inattesa sconfitta a Verona per 2-0. A soli 90 minuti dalla fine del campionato, il distacco tra le due squadre si riduce a due punti: la Lazio espugna Bologna, nonostante una doppietta dell'ex Signori, e la Juventus piega il Parma 1-0 con un gol decisivo del solito Del Piero.
IL 14 MAGGIO 2000
La resa dei conti arriva all'ultima giornata: la Juventus affronta il Perugia in trasferta, mentre la Lazio ospita la Reggina. Entrambe le avversarie sono già salve. La Lazio chiude rapidamente la pratica: due rigori trasformati da Inzaghi e Verón, seguiti dal gol di Simeone nella ripresa, mettono al sicuro il risultato. A Perugia, invece, si scatena il caos: il maltempo trasforma il Curi in un acquitrino. La partita viene sospesa per 71 minuti, ma l'arbitro Collina, dopo ripetuti tentativi, decide di farla riprendere. Dal fango emerge Calori, che trova la rete dell’1-0 sfruttando una mischia e batte Van der Sar. Nel frattempo, all’Olimpico, la gara è già conclusa, e tutti seguono col fiato sospeso il secondo tempo della Juventus attraverso le radioline. In un Olimpico surreale, un lungo e religioso silenzio viene interrotto solamente dalle radioline. C’è chi ascolta, chi passeggia nervosamente sugli spalti, chi è disteso sul prato verde, nel frattempo invaso. Si contano i secondi e i minuti che separano dalla storia, dal trionfo tanto atteso e agognato. Il risultato a Perugia non cambia. La Lazio completa il sorpasso all'ultima curva, conquistando il secondo scudetto della sua storia. Quattro giorni dopo, la festa si arricchirà con la vittoria della Coppa Italia, siglando una storica doppietta. Roma si colora di biancoceleste quella notte. Piazza della Libertà, il luogo in cui fu fondata la Lazio, si riempie di tifosi. Le bandiere sventolavano ovunque, i cori risuonano fino all’alba. Il sogno si è trasformato in realtà.