Sognavano di diventare come Del Piero e Buffon: ora fanno i postini e gli operai
Seduto accanto a Fabio Canna varo su una Bmw da decine di migliaia di euro. Anni Novanta. Lo stereo acceso, il volume alto, voglia di dimostrare al mondo il proprio successo, perché stare vicino a Fabio Cannavaro era già un successo, tutto il resto era scontato, "sarebbe arrivato", pensava il promettente Ferdinando Piro.
O alzarsi dalla panchina, gara di Coppa Italia, l' allenatore che dà gli ultimi consigli, è il tuo momento, mamma, papà, zie e, chissà, cognati sulle tribune o a casa davanti al televisore. Poi l' altoparlante pronuncia il tuo nome, scandito, "esce Francesco Totti", entri tu, Walter Lapini, pacca sulla spalla, segno della croce, i riflettori a illuminarti. Peccato che l' inizio coincide con la fine.
Eppure per loro il futuro doveva diventare come un grande, luminoso, immenso sorriso: la serie A era lì, auto costose, donne pronte a superare l' ostacolo bellezza, soldi, sicurezze, gloria.Puff. All' improvviso tutto crolla: procuratori incapaci o disonesti, sfortuna, infortuni, leggerezza caratteriale, momenti sbagliati, fallimenti societari, anche inferiori capacità rispetto all' idea iniziale. Addio.
L' OPERATORE ECOLOGICO IN PROVINCIA DI SIENA
"E tornare alla realtà è dura, e con quella realtà ci devi, ci dovrai convivere tutti i giorni e per tutta la vita", racconta Lapini. Quarantuno anni, operatore ecologico in provincia di Siena. A diciannove primavere, appunto, subentrava a Totti e quello che doveva diventare l' inizio di una narrazione gloriosa, oggi è solo un racconto per chi gli chiede se è vero, se ha realmente giocato in A, se ha realmente annusato, solo annusato quel mondo. "Ma un infortunio al ginocchio ha deciso la mia carriera, ha chiuso le speranze".
Così Walter ha prima aperto una tabaccheria a Nocera Superiore, ora gestita dall' ex moglie, poi è tornato a vivere e a lavorare dalle sue parti, a Staggia Senese. Ha due figli di diciassette e dodici anni ai quali "consiglierei il pallone ma prima i libri: quando ho smesso, mi sono trovato senza un titolo di studio". Culo a terra e perduto, il calcio derubricato a sogno perenne, "anche quando lavoro, ci penso: potevo fare un' altra vita, giocare a pallone...Ma sono sogni e basta. E quando ho smesso mi hanno chiuso le porte in faccia: questo è il calcio".
Non sempre è così. Lo sa Felice Natalino, appena 23 anni, difensore dell' Inter, debutto in serie A il 28 novembre 2010, a 18 anni, (Inter -Parma 5-2) grazie a Rafa Benitez; da pochi giorni è costretto al ritiro per una maledetta aritmia cardiaca che l' ha portato a scoprire una cardiomiopatia aritmogena, la stessa malattia di Piermario Morosini, morto il 14 aprile del 2012 durante Pescara -Livorno. A soli 23 anni il suo futuro sarà scovare talenti in giro per l' Italia.
I SUOI COMPAGNI ERANO ZOLA E STOICHKOV
Alto, possente, capelli impomatati e buttati indietro, Ferdinando Piro fisicamente ricorda un po' lo Stefano Bettarini di qualche tempo fa. Gioca con il Luzzara, Eccellenza emiliana, ma a diciannove anni era in A con la maglia del Parma, i suo compagni si chiamavano Gianfranco Zola, Gigi Buffon e Hristo Stoichkov.
Attaccante classe '77, napoletano, una pagina di Wikipedia a lui dedicata dove le ultime notizie sono datate 2001, e sul tabellino personale un gol al Bari: "Quando vedo le partite penso sempre che, con un po' di fortuna, avrei potuto certa mente fare di più". Anche per lui gli infortuni sono la chiave di lettura, di sventura, mentre un tempo "giravo con Cannavaro e ascoltavamo Pino Daniele su un Bmw M3 cabrio, la macchina che sognavo.
Per me, ragazzino che non aveva niente, già so lo vedere i calciatori era il massimo: figuriamoci quando arrivavano con i macchinoni e vestiti bene... Anche il giocatore brutto, avendo la bella macchina e giocando in Serie A, è pieno di donne". Invidia nulla, i sogni sono traslati verso il figlio di otto anni: "Gioca bene, se un giorno dovesse entrare nel giro che conta, lo aiuterei: io, invece, ho sempre avuto a che fare con persone che mi hanno consigliato poco e male".
PER GIGI BUFFON ERA UN PUNTO DI RIFERIMENTO
Marco Pilato è differente dagli altri. Lui ha detto addio a poco più di vent' anni, perché "disgustato dal sistema". Portiere, classe '73, esordio in A con il Bologna il giorno del suo diciottesimo compleanno. Gigi Buffon, nella sua autobiografia, ricorda: "Un giorno mi dissero: 'Se diventi forte la metà di Pilato, puoi ritenerti soddisfatto'".
E infatti... "I procuratori - racconta l' ex portiere - mi venivano a cercare a casa: una volta smesso, non si è fatto più sentire nessuno. Guardo con ammirazione chi è arrivato, accettando un sistema che a me non piaceva. Non c' era rispetto, dominavano solo i soldi, mentre non venivano considerate l' applicazione e la voglia d' imparare".
Però puoi dire addio al "sistema", ma non alla passione per il pallone: negli anni ha giocato nelle serie dilettantistiche, si è trasformato prima in attaccante, poi in centrocampista e difensore. Pilato - che oggi ha una ditta di stampe e pannellistica - prese la sua decisione dopo aver parlato con Lele Oriali, ex campione del mondo, all' epoca direttore sportivo del Bologna:
"Rimasi colpito dalla sua freddezza di fronte a un ragazzino che gli diceva di non voler più giocare. Forse lui la lesse come una scusa per svincolarmi dai rossoblù, mentre la mia era una confidenza. Bastava mi chiedesse 'Perché?'; ci saremmo confrontati e mi avrebbe convinto a continuare: avevo ancora la borsa in macchina.
Quel giorno ho avuto la controprova che al sistema non interessano i valori umani".
Lui in realtà cercava solo una pacca sulla spalla, un po' di sicurezza. Lui in realtà aveva solo vent' anni.
AL PADOVA HA SOSTITUITO ALESSANDRO DEL PIERO
Giovanni Serao oggi consegna la posta. Negli anni Novanta era la promessa individuata dal Padova per sostituire Alessandro Del Piero, appena passato alla Juventus. Classe '77 esordisce in A con il Padova, stagione 1995-1996: cinque gare, una rete al Cagliari (" ho fatto quasi un giro di campo per la gioia!") e l' emozione di giocare a San Siro contro il Milan.
Calmo, lucido, ama ancora la palla rotolante (" mi rilassa, è la mia vita"), la sua "colpa è di aver vissuto il calcio, nei primi anni, come un divertimento e mai come un lavoro: forse dovevo metterci più testa. Molte colpe le ho io, non potevo fare anni in A, ma sicuramente 6-7 stagioni in B, sì”.
CON LA NASCITA DEL FIGLIO HA PUNTATO SULLE CERTEZZE
Michele Pini il professionismo l' ha solo sfiorato, la serie A l' ha tifata dai gradoni di uno stadio o alla Tv. Però è arrivato in Lega Pro, ultimo scalino dei "migliori". Terzino sinistro. Serio, attento, preparato. La sua testa, quest' anno, gli ha detto di lasciare gli scarpini nello spogliatoio, di puntare ad altro nonostante abbia solo 29 anni; gli ha detto di diventare operaio per una ditta di Manerbio, cittadina dov' è nato, provincia di Brescia.
Si occupa di stampi in alluminio per polimeri espansi e per termoformatura. Il motivo? La nascita del figlio, la necessità di sicurezze. Priorità. "Come calciatore prendevo il minimo salariale previsto per la Lega Pro (26.033,00 euro lordi, circa 1500 euro al mese).
Il salario che percepirò sarà invece quello previsto per un operaio, quindi meno, ma in un ambiente di lavoro con delle prospettive di crescita". E senza rimpianti, almeno non è da lui. "Nessuno mi impedisce di giocare con gli amici... E comunque il calcio lo continuo a guardare. Sì, anche in televisione".
Miti, passioni ed eroi. Sabato ricomincia il campionato, nuove polemiche, qualche certezza, maggiori dubbi, chissà quali nuovi scandali. E tra chi scende in campo ci sarà sicuramente un nuovo Walter, un altro Giovanni, magari un Michele, convinti di stare alle soglie del Paradiso, senza sapere (o capire) che il "Nino" cantato da De Gregori, a volte, deve avere anche un po' di paura.