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    Sofia Goggia come Baresi, un miracolo di carattere e coraggio

    Sofia Goggia come Baresi, un miracolo di carattere e coraggio

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Sono le emozioni. Quelle che dal cervello passano per il cuore e finiscono nella pancia facendo attorcigliare le budella. Possono arrivare da ogni parte del mondo e, quando sono positive e non portate da venti di guerra, riempiono l’anima di gioia suggerendo che, talvolta, la vita è bella specialmente quando è farcita da eventi che hanno del miracoloso.

    23 GIORNI DOPO - Emozione è vedere Sofia Goggia esultare e ascoltare il suo urlo di gioia alzarsi e poi disperdersi nell’infinito che avvolge le montagne innevate di un Paese distante come la Cina ma, oggi più che mai, vicino a tutti noi. L’azzurra dello sci ha appena terminato di scendere a precipizio lungo la pista di una “libera” alla quale si pensava che alla fine non avrebbe potuto partecipare. Ventitré giorni fa la campionessa italiana era stata portata via in barella con un ginocchio messo veramente male. Per lei le Olimpiadi Invernali sembravano essere lontane come la Luna. Questa notte la realizzazione di un prodigio d’argento frutto del carattere, del coraggio e dell’eccellenza medico sportiva.

    COME BARESI - Emozione fu vedere, ventotto anni fa, scendere in campo il capitano della nazionale azzurra di Arrigo Sacchi sulla cui presenza, venticinque giorni prima, nessuno avrebbe scommesso una lira. Franco Baresi, ai Mondiali americani in corso e contro la Norvegia, era crollato a terra con il menisco rotto. Un incidente che, per un calciatore, significa un lungo stop e un altrettanto lungo periodo di riabilitazione. Non per Franco Baresi il quale, in vista della finale contro il Brasile nell’inferno di Pasadena, annunciò che avrebbe fatto di tutto e di più per essere in campo. Lo presero per matto. Ebbero a ricredersi quando il capitano sbucò dal tunnel dello spogliatoio. Due grandi storie per il soggetto di un unico film. Differenti le reazioni dei due protagonisti principali. L’urlo di gioia della Goggia e le lacrime di dolore di Franco Baresi. Per tutti e due l’ “argento” che spetta di diritto ai secondi arrivati. Un sapore dolcissimo per la nostra campionessa che aveva temuto di non esserci. Un gusto amaro che il nostro capitano il quale, malgrado le tecniche chirurgiche del tempo non fossero all’avanguardia come oggi, non aveva mai dubitato di potersela giocare con successo contro i brasiliani. Peccato che, quel giorno, Roberto Baggio avesse deciso di regalare il pallone alla luna.

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