Sodinha da 98 a 83 kg: 'Non bevo più e vado a letto presto, sogno la Serie A'
BASTA ALCOL - "Ho incontrato Gesù come mai mi era capitato prima, sono diventato evangelico e atleta di Cristo. Ho sposato Rosangela e insieme abbiamo cominciato una nuova vita. Bevevo io e beveva lei. Abbiamo smesso, basta. Ho ripreso a correre e a giocare qualche partitella, ho lavorato in palestra. Mi chiamano Sodinha come mio padre Jair, ex del Santos. Papà beve tanta sodinha, una bevanda zuccherata e gassata molto diffusa in Brasile. A me non piace, è troppo dolce e non l'ho mai bevuta. Io purtroppo andavo di superalcolici, vodka e whisky in particolare. Mi sono rovinato così. Oggi però è diverso, sono cambiato".
A DIETA - "Sono andato da un bravo dietologo. Ecco che cosa mangio, a grandi linee, in una giornata tipo. Colazione: spremuta di arance e un panino integrale. Metà mattina: frutta. Pranzo: piatto principale a base di pollo e verdure. Merenda dopo l’allenamento: tanta frutta. Cena: insalata, pesce, ancora pollo. Prima di dormire: yogurt magro. Poi è importante andare a letto presto, massimo alle dieci. Io adesso faccio così".
SOLDI BUTTATI - "Mi ha portato in Italia l'Udinese, in pratica è stata la prima volta in vita mia che sono uscito dalla favela in cui sono cresciuto. Sapevo giocare a calcio, ma non conoscevo nulla del mondo. Ignoravo il valore dei soldi ed è stato così per anni. Quanto denaro ho buttato via in cose inutili, nelle discoteche o nelle feste. Quanto ne ho regalato. Quando ero bambino, mio nonno paterno mi prometteva dieci reais (la valuta brasiliana, ndr) per ogni gol, ma segnavo pochissimo e intascavo quasi niente. Per me era più bello scartare il portiere e passare la palla a un compagno perché la mettesse dentro. Forse sono troppo buono, do tanti soldi a malati di tumore e Hiv della mia favela. Lo faccio volentieri, sono fatto così".
ALLENATORI - "Mi dispiace aver tradito Calori: a Brescia mi faceva da secondo padre, sentivo la sua fiducia, eppure io la notte andavo in giro a fare cavolate di nascosto a lui. Quanti errori. Vacanze di Natale, vado in Brasile e mi ripresento a Bari con dieci giorni di ritardo. Conte mi chiama nel suo stanzino: Non ti voglio più vedere, allenati da solo, vattene. Durissimo, senza pietà, ma aveva ragione lui. A 20 anni rifiutai la convocazione nell’Under 21 italiana e non mi ricordo neppure il perché. Sono convocabile dall'Italia grazie a un bisnonno di Treviso".
SOGNO SERIE A - "E' il mio cruccio. Tutti dicono che in Serie A dovrei trovarmi meglio perché lì la tecnica conta, eppure... Vista da qui, oggi, la Serie A è un sogno e per realizzarlo dovrò fare bene a Mantova, in un campionato difficile come la Lega Pro, dove tutti lottano e corrono".