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    Simeone e il triste destino dei secondi. Real, ora qualcuno ringrazi Benitez!

    Simeone e il triste destino dei secondi. Real, ora qualcuno ringrazi Benitez!

    • Giancarlo Padovan
    C’è ancora qualcuno che ricorda Hector Cuper? Prima di approdare all’Inter, era stato l’allenatore promettentissimo del Valencia, un primatista di finali europee quasi tutte perse. In Champions League arrivò all’atto conclusivo per due volte consecutivamente e in entrambi i casi uscì sconfitto. Una volta con il Real Madrid (3-0), l’altra con il Bayern Monaco ai calci di rigori. Allora, come questa volta, si giocava a San Siro (era il 2001) e la sua parabola mi è venuta in mente quando Cristiano Ronaldo (in finale il peggiore in campo per distacco) ha realizzato il quinto e decisivo calcio di rigore (per l’Atletico ha sbagliato Juanfran) che ha consegnato l’undicesima Champions al Real Madrid, dopo l’1-1 frutto di 120 minuti di confusa battaglia.

    Ma davvero Diego Pablo Simeone è accostabile a Hector Cuper, l’uomo che accarezzava i trionfi (anche con l’Inter) e poi regolarmente veniva battuto? Al di là della suggestione giornalistica (la mia), Simeone ha sicuramente una caratura superiore a Cuper, sia perché già adesso ha vinto di più, sia perché ha forgiato con poco una squadra che tiene testa a chiunque.

    Tuttavia che esista una sorta di maledizione-Champions nei confronti dell’Atletico e di Simeone è innegabile. Anche nel momento in cui l’argentino e la sua squadra sembravano in grado di  potersi prendere la rivincita sulla beffa di due anni fa, cioé quando Carrasco ha pareggiato (e mancavano solo dieci minuti alla fine), l’Atletico non ha avuto la forza di chiudere una partita che nel secondo tempo aveva saputo prfendersi con avidità.

    Certo, se Griezmann non avesse sbagliato un calcio di rigore ad inizio di riprresa (fallo di Pepe su Torres), forse sarebbe finita in modo diverso. Così come se l’arbitro Clattenburg avesse annullato, da regolamento, il gol di Sergio Ramos, viziato da fuorigioco. Il fischietto inglese avrebbe dovuto essere aiutato dall’assistente Beck che invece ha tenuto bassa la bandierina. Sempre nel primo tempo ci sarebbe dovuto essere un altro rigore a vantaggio dell’Atletico (fallo di mano di Ramos in area), ma visto come ha tirato Griezmann, poco dopo, non è detto che avrebbe trasformato. 

    Per un tempo, il Real ha fatto la partita che l’Atetico aveva sognato per sè. Un gol sporco e una organizzata difesa dietro la linea della palla con ripartenze in campo aperto. Zidane, primo allenatore francese a conquistare la Champions, ha calciatori migliori di quelli di Simeone. Tuttavia questa volta cercato di vincere con la squadra, sviluppando una manovra ampia e corale. Inoltre ha “fatto” la partita dall’inizio e il gol, frutto di una punizione con schema, non era un premio esagerato a quanto fatto fino a quel momento. 

    E’ stata una finale poco bella e molto emozionante, tra due squadre in riserva di energie. Il Real è apparso davvero poco efficiente sul piano fisico, tanto che Zidane, esauriti i cambi, è stato costretto a tenere in campo anche uomini menomati, come Marcelo, Bale e, alla fine, lo stesso Ronaldo. Del quale, per la verità, non si capisce mai quanto ci sia di vero e di presunto. 

    Il risultato di parità non era esattissimo, ma molto credibile. E’ vero che il Real ha avuto più occasioni per chiudere la partita, ma l’Atletico ha messo in campo una fede che non ha eguali. Mi domando, casomai, perché Simeone non abbia impiegato subito Carrasco (oltre al gol una spina nel fianco del Real Madrid) e tra i campioni se non ci sia al mondo un terzino meno costoso e più efficiente di Danilo.

    Ma alla fine va bene così. Florentino Perez chiede di vincere, non importa come. E un trofeo, il più importante, è stato portato a casa anche quest’anno. Domani nessuno ricorderà che non è stato esattamente un trionfo, come nessuno ringrazierà Benitez per la parte che gli compete: il Real fino all’approdo degli ottavi lo aveva guidato lui.  

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