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  • Signorini: Ausilio, Galliani, Sabatini, senza cultura il calcio fallisce

    Signorini: Ausilio, Galliani, Sabatini, senza cultura il calcio fallisce

    La situazione del calcio italiano non è rosea, e come in tutti gli altri settori le risorse sono limitate. La disinvoltura con cui venivano tenuti in passato i bilanci delle società è un lontano ricordo, e quando mancano i soldi l’unico modo per andare avanti è fare ricorso alla creatività.
    Oggi la maggior parte delle squadre professionistiche continua ad affidarsi a figure di basso profilo culturale solo perché provengono dal mondo del calcio. Se si vuole davvero costruire qualcosa con le poche risorse disponibili è necessario rivolgersi ad uomini di elevata cultura che conoscano l’animo umano nella sua accezione più profonda.

    Recentemente abbiamo visto alcune grandi squadre di calcio italiane adottare strategie da provinciale ingaggiando giocatori a parametro zero, semi sconosciuti o troppo giovani, al fine di risparmiare sull’acquisto degli atleti e sul monte ingaggi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti; l’esito delle campagne acquisti al risparmio di Milan, Inter e Napoli è stato fallimentare, mentre la Roma che disponeva di risorse ha sbagliato alcuni acquisti e guarda caso non sembra disporre di un gruppo granitico.
    Se si vuole davvero rifondare il calcio è necessario prima di tutto un profondo rinnovamento degli organici dirigenziali, per evitare che dirigenti impreparati commettano errori che le loro squadre non si possono permettere e che potrebbero essere evitati affidandosi a figure di più alto profilo.
    Il mondo del calcio sta cambiando, si sta aprendo a persone di cultura superiore che sono in grado di comprendere con facilità la psicologia dei giocatori per offrire ad ognuno quello di cui ha bisogno. Al tempo della crisi per ottenere gli stessi risultati è necessario elevare la qualità del prodotto. Anche nel calcio sta avvenendo lo stesso fenomeno: maggiore qualità a costi inferiori.
    Giornalisti come Buffa, allenatori come Mourinho trascendono culturalmente il mondo del calcio, mentre in passato sia i giornalisti che gli allenatori avevano una cultura elementare. Mourinho  sostiene “Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio”, per rendere noto a tutti che il tempo degli analfabeti nel calcio è finito.
    Le qualità dell’uomo squadra dovrebbero essere già inculcate nei giovani ma, purtroppo, nei vivai si tende ad insegnare solo la tecnica ai ragazzi anche perché normalmente gli allenatori non hanno competenze formative atte a dare una mentalità di gruppo ai futuri campioni.
    Al contrario di quanto si possa pensare, un uomo squadra non è sempre un fuoriclasse o un top player, ma è colui che riesce ad integrarsi in un gruppo di individui trasformandolo in una squadra con un'unica anima pensante. Ci sono giocatori come Totti, Pirlo e Del Piero che uniscono le doti di fuoriclasse e dell’uomo squadra. Ma vi sono anche molti potenziali fuoriclasse che non riescono ad essere degli uomini squadra (ad esempio Menez, Balotelli, Cerci, Cassano, etcetera) e che molte volte sono elementi di disgregazione.
    Un vecchio spot della Pirelli recitava “La potenza è nulla senza controllo”, potremmo parafrasare questo spot affermando che la classe è nulla senza lo spirito di squadra.
    Nel mese di assegnazione del pallone d’oro assistiamo ad uno strano fenomeno;  nella squadra campione del mondo non spiccano, Neuer a parte, fuoriclasse degni di vincere il pallone d’oro. Messi e CR7 che sono due dei più grandi giocatori della storia, non sono riusciti con la loro infinita classe a vincere il mondiale. Anche lo scorso mondiale il pallone d’oro è stato vinto da Cannavaro, meno fuori classe ma più uomo squadra di Zidane. L’Italia ha vinto il suo ultimo mondiale senza essere una grande squadra perché era un grande gruppo. La verità è che nel calcio moderno prima viene il gruppo poi il talento dei singoli. Vi ricordate il nome del pallone al mondiale del duemilasei? Era teamgeist cioè spirito di squadra.
    In conclusione si devono contemperare i vantaggi portati alla squadra da un giocatore di talento  con gli eventuali svantaggi di un carattere difficile e potenzialmente disaggregante. In sostanza i giocatori con un carattere che non aiuta a cementare l’unità di una squadra possono essere dannosi anche se dispongono di grande talento.


    Tommaso Signorini scrittore


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