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    Senza Mou il Real gioca meglio, ma Barça di un altro pianeta e Josè sa por que

    Senza Mou il Real gioca meglio, ma Barça di un altro pianeta e Josè sa por que

    • Xavier Jacobelli Direttore quotidiano.net

    Senza Mourinho in panchina, il Real gioca meglio al Camp Nou che al Bernabeu, ma il Barcellona è di un altro pianeta ed entra in finale sotto il diluvio. Rispetto all'indecente catenaccio adottato da Josè a Madrid (ricordate Kakà, Benzema, Higuain e Adebayor, tutti insieme malinconicamente in panchina?), nella gara di ritorno il Real torna al 4-2-3-1 e, udite udite, nei primi dieci minuti impensierisce i rivali. Ma, quando la squadra di Guardiola pigia il piede sull'acceleratore, nel primo tempo ci vuole un formidabile Casillas per resistere.

    Il Barça tira per 7 volte in porta in 45 minuti, il Madrid mai. Il Barça riesce a contare 24 passaggi consecutivi senza che gli avversari interrompano il fraseggio dei catalani, scandito dagli olè del pubblico. Il gol è nell'aria e arriva al 9' della ripresa: quel genio del calcio che risponde al nome di Iniesta pesca Pedro con un tracciante che nessuno del Real può intercettare: la conclusione di Pedro Rodriguez Ledesma è inesorabile.

    Al solito, quando perde con il Barça, il Real comincia a picchiare (5 ammoniti) e la direzione di De Bleeckere (a proposito, non era mica antipatico a Mourinho?) è flaccida e troppo tollerante. I mourinhiani vanno in bambola, i rivali li irridono. Fuori Higuain prima e l'inguardabile Kakà poi, dentro Adebayor (che picchia come un fabbro: che cos'ha fatto di male Benzema?) e Ozil, ma la musica non cambia. Il monologo di Guardiola non concede scampo agli orfani del portoghese. Al quarto confronto in 16 giorni, Pep stende definitivamente Josè e quella Coppa del Re nella bacheca del Bernabeu è troppo piccola per nascondere le sofferenze madridiste. Il pareggio di Marcelo è illusorio, le speranze di qualificazione velleitarie, Wembley un'utopia per una buona squadra che si deve inchinare a una squadra grandissima. Per quest'anno, Mourinho non diventerà l'unico allenatore capace di vincere la Coppa dei Campioni con tre squadre diverse:

    Asserragliato in albergo, Mourinho trasmette indicazioni via cellulare a Rui Faria che le gira a Karanka in panchina. Il telefono senza fili sembra improvvisamente funzionare, ma Cristiano Ronaldo sparisce. De Bleeckere fischia la fine. Barça in finale e, prossimamente, anche campione di Spagna. Real con un pugno di mosche in mano. Por que? Chiedetelo a Mourinho. Lui lo sa. Lui che all'andata ha deliberatamente cercato la rissa prima, durante e dopo, pronunciando parole inaccettabili  e antisportive contro Guardiola, 14 anni fa capitano del Barcellona a Bilbao, dove salvò dal pestaggio dei baschi l'allora vice di Bobby Robson sulla panchina catalana.

    Guardiola che  si conferma un personaggio di straordinaria sensibilità: 46 giorni dopo l'operazione per estirpare il tumore al fegato, Eric Abidal torna in campo a due minuti dalla fine, accolto dall'ovazione del Camp Nou e portato in trionfo dai compagni di squadra, mentre in novantamila cantano l'inno del Barça. Bentornato Abidal, un uomo coraggioso. E bravo, Pep, non soltanto per essere entrato in finale. Sarà la seconda nelle ultime tre stagioni. E il 29 maggio, sappiamo già chi sarà favorito.

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