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    Se Allegri ripete gli errori di Conte l'Europa è una chimera

    Se Allegri ripete gli errori di Conte l'Europa è una chimera

    Bisognerebbe ricominciare dal numero 2, dal terzino destro – come avremmo detto un tempo. L’Italia non li “fabbrica” più, sono spariti, per mancanza di vocazione, per eccesso di stranieri, per sacrifici tattici.
    Quando andavano forte, quelli di destra erano i terzini marcatori (mentre spesso a sinistra giocava il fluidificante): molte squadre avevano all’attacco il tornante a destra (il 7) e le due punte con il 9 e l’11. La difesa a zona liberò il terzino destro dal lavoro sull’uomo, e così cambiò anche il nome: esterno di difesa, o esterno basso. Ma nelle formazioni che si annunciano titolari il prossimo anno, in serie A ne giocano appena 5-6 di passaporto italiano. E nessuno nelle squadre che hanno concluso ai primi cinque posti lo scorso torneo. È un problema vero e non solo statistico perché mortifica i giovani italiani (a danno della Nazionale) e racconta del perdurante uso del modulo con i tre difensori, causa-effetto di questa povertà di giocatori di ruolo: si è costretti a rinunciare agli esterni bassi perché ce ne sono pochi, e la loro rinuncia non permette ai giovani di misurarsi (e crescere) in quel lavoro. Juventus, Inter, Fiorentina, Torino, Genoa, Udinese e Palermo giocano (dovrebbero giocare) con i tre centrali. Le prime quattro ci rappresentano nelle coppe europee, con Roma e Napoli: quest’ultime due hanno una coppia di esterni bassi straniera (Maicon-Cole, Zuniga-Ghoulam). In sostanza, non proponiamo nessun italiano di ruolo nelle squadre che si misurano con le più forti del continente. Il Torino ha Darmian, ma con compiti più “liberi” rispetto all’allineamento a quattro. Le altre, solo stranieri (anche a sinistra).
    Difendere a quattro è fondamentale per attaccare in ampiezza. Non è un ruolo tecnicamente complesso, ma tatticamente è decisivo. Ormai quasi tutte le grandi squadre hanno i migliori giocatori sulle ali, i maggiori campioni (i più ricercati, i più costosi) cominciano l’azione dall’esterno, verso la porta: Ronaldo e Bale, Neymar e Messi, Ribery e Robben, per citare solo le squadre più forti in circolazione. Ma per permettersi due giocatori ai lati del centravanti (falso o vero “nuove” che sia), serve la difesa a quattro, proprio per avere le distanze giuste dietro ai fenomeni. E al di là dell’assemblamento degli attaccanti, questa è stata “l’indicazione” delle squadre vincenti in campo internazionale: di tutte, il minimo comune denominatore era proprio l’allineamento a quattro davanti al portiere. A “quattro” giocavano le ultime dodici vincitrici della Champions e anche dell’Europa League. Tutte.  E nessuno si faccia abbindolare da Van Gaal, il dogmatico tecnico olandese che ai Mondiali ha proposto un’inedita Olanda con cinque difensori (e sembra voler fare altrettanto con il Manchester Unites): i movimenti in campo in fase di possesso palla trasformano le squadre di Van Gaal secondo schemi consueti, con due coppie di esterni per ogni fascia.
    Ad insistere sulla difesa a tre sono invece le italiane. Questa è anche stata la lacuna maggiore della nostra squadra più forte, la Juventus, che in Europa ha faticato a vincere le partite per la difficoltà a penetrare in area di rigore con soluzioni ampie al di là dello schematico gioco dei due attaccanti – punta centrale, punta che gira attorno – e le incursioni al centro di Vidal e Pogba, sempre negli spazi liberati dai movimenti del centravanti. Una squadra così dominante poteva (forse doveva) avere il coraggio di proporsi con attaccanti esterni e non terzini spinti fino in fondo al campo, lavoro che Licthsteiner e Asamoah hanno fatto molto bene, ma la loro somma di gol e assist è risibile rispetto alle coppie sopra elencate. La Juventus è sembrata cercare giocatori che aiutassero questo cambio tattico (Cuadrado, Iturbe) ma poi sembra essersi “arresa” all’abitudine, gratificata e rincuorata dai recenti record. Resta il dubbio che un po’ di classe sulle ali avrebbe accorciato il divario con le grandi d’Europa, ma quella merce è la più cara da comprare. E avrebbe chiesto un salto di qualità in difesa, dove il terzetto titolare è superbo in Italia, ma assai meno solido superata Ventimiglia, come dimostrato in Nazionale. Allegri invece sembra battere strade già conosciute e vincenti in Serie A, ma perdenti a livello europeo.
    Oltre al discorso tattico c’è anche l’annoso problema del serbatoio autoctono, che sembra al lumicino. I nostri dirigenti sono in competizione per fare peggio: beati loro. Nello shopping compulsivo (che serve anche a manovrare i bilanci) le squadre di Serie A si sono intasate anche di terzini stranieri. Invece di destinare la spesa di qualità per i ruoli decisivi, e magari prodursi in casa almeno questa manovalanza, si preferisce comprare, comprare, comprare: la media acquisti delle nostre società è doppia rispetto alle squadre dei campionati stranieri, senza nessun guadagno di competitività. Questo il paradosso che condanna la classe dirigente del nostro calcio.
    E così una buona coppia di esterni bassi (Donati-Santon), entrambi “allevati” dall’Inter, sono stati venduti all’estero, e valorizzati a Leverkusen e Newcastle: quando i nostri direttori sportivi hanno provato a riportarli in Italia, anche recentemente, si sono visti chiedere prezzi almeno doppi a quelli che furono incassati nella vendita. Santon (23 anni) cominciò alla grande, eppure bastarono un paio di stagioni minori, tipiche in molti percorsi di crescita, per considerarlo perduto. Donati (24 anni) invece furoreggiava nelle rappresentative giovanili nazionali, per poi essere costretto a cercare minuti in Serie B, fino all’esplosione in Germania, in un campionato oggi decisamente più competitivo e salubre del nostro. La squadra che li ha cresciuti e poi lasciati andare via, oggi gioca con Jonathan e Nagatomo, buoni mestieranti, forse agonisticamente più pronti dei nostri giovanotti, ma anche evidentemente limitati: eppure, sono costati di più di quanto incassato dai due italiani, e sono cinque anni più vecchi. E adesso, sul mercato, le valutazioni di Donati e Santon sono maggiori. Senza ricordare che il migliore degli interpreti di fascia azzurra nei recenti mondiali, Darmian, è stato “costruito” dal Milan, e poi dato dai rossoneri al Palermo per 500 mila euro: Kevin Constant, per tappare (male) la falla sulla fascia sinistra fu pagato circa 8 milioni di euro!
    Torniamo alla Serie A che vedreo fra due settimane: nelle 14 squadre che sembrano intenzionate a giocare con la difesa a 4, il 60% degli interpreti del ruolo di esterno basso è straniero, percentuale che aumenta leggermente sulla fascia destra. Ricordato che nelle 6 squadre che giocano con la difesa a cinque solo il Torino ha esterni italiani, fra le altre che invece propongono il numero 2 siamo sicuri che non ci fosse nessun italiano in grado di rivaleggiare con il romeno Nica, o con i francesi Frey e Laurini, con il tunisino Benalouane (nemmeno riserva della sua Nazionale), o con lo svizzero Morganella o ancora con lo spagnolo Luna? Spesso sono sconosciuti in patria, ma titolari in Seria A. Oppure, cambiando fascia, questa terra di fluidificanti non ha niente di meglio da opporre a Dramé, Hsay, Martic?
    I casi di Darmian, Donati e Santon, giovani di valore che hanno completato il processo di maturazione solo quando hanno potuto giocare con continuità, lontano dalle società che li hanno coltivati, dopo un apprendistato inutilmente lento e dispersivo, dimostrano la poca lungimiranza dei dirigenti. E forse il poco coraggio di tecnici che sono ossessivi nel chiedere, e meno attenti nel valutare quanto c’è in casa. Il risultato è un affollamento di stranieri anche in un ruolo così “facilmente” confezionabile nei settori giovanili, a discapito della Nazionale. Con la perdita giocoforza di un ruolo che darebbe una compiutezza tattica necessaria per essere maggiormente competitivi anche in Europa, come raccontano tutte le squadre vincenti di questi anni.
    Quando si rimane molto indietro, bisogna ricominciare dall’inizio, o quasi: dal numero due.
     
     Marco Bucciantini (giornalista de L'Unità)

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