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  • Sconcerti: Milan normalizzato, tutti più poveri

    Sconcerti: Milan normalizzato, tutti più poveri

     

     
     
    Il Milan rimane forte, è solo normalizzato ma siamo tutti più poveri.
     
    È vero, quello che il club rossonero sta facendo non è da vecchio Milan, ma quella società ormai non esiste più.
     
    Da un punto di vista tecnico senza Ibrahimovic scompare il Semplice, quella soluzione alle partite senza gioco che è stata un anno fa la differenza con la Juve. Loro giocavano, dovevano giocare bene, il Milan vinceva senza sforzo tutte le partite in cui pesava la differenza di Ibrahimovic. Perché è fondamentalmente vero, Ibra sbaglia i momenti importanti, ma realizza tutti gli altri, che sono di più e senza i quali i momenti importanti nemmeno esisterebbero. 
     
    Thiago Silva è invece il giocatore moderno per eccellenza, sa difendere e giocare a calcio, sa cominciare l'azione, sa anche concluderla. In Francia farà molti gol, in Italia era l'esempio di tutti. Forse con troppa leggenda dietro le spalle, come spesso i migliori. Però gli altri, la squadra, i compagni, lo sentivano un riferimento anche più grande di Ibrahimovic. Uno è un singolo, un individuo, un'isola. L'altro è l'inizio di tutti gli altri. Berlusconi ora dice che non si poteva rifiutare un'offerta così, sarebbe stato da irresponsabili. Ha ragione, ma il suo Milan è andato avanti solo a forza di acquisti irresponsabili. O pensava davvero di essere il migliore, l'unico capace di coniugare risparmio e qualità? La mia impressione è che il Milan sia ancora una squadra fortissima, solo normalizzata. 
     
    Dovrà faticare come gli altri per fare un gol. Passeremo da Ibrahimovic a Pato o El Shaarawy, troveremo altre strade, altre illusioni, ci divertiremo comunque. È il problema di fondo che resta e che non è più nemmeno nuovo: ci siamo impoveriti. Non si può pretendere alla lunga di essere un paese in crisi e avere un calcio ricco. Il nostro calcio è retto dai migliori imprenditori del paese, Fiat, petrolio, Mediaset, Della Valle, De Laurentiis, Giochi Preziosi. La crisi del calcio è prima di tutto la loro crisi industriale. Il cinepanettone ha più anni del rapporto tra Berlusconi e il Milan, ma è finito anche lui. Si chiude una fase del capitalismo del calcio che va oltre la grande crisi europea. E credo ci sia per questo anche una ragione molto italiana, quasi inconfessabile. Per anni il calcio ha perso il suo vero azionista di riferimento, la Juve. Questo ha permesso a tutti di abbassare la guardia e cercare di reinventarsi virtuosi. 
     
    L'arrivo della prima crisi economica (2007-2008) ha fatto pensare si potesse comunque tutti sopravvivere con poco. La grande differenza nella spartizione dei diritti tv, ha perpetrato l'illusione. Poi si è toccato con mano. È stato come se la Formula 1 avesse perso la Ferrari, si correrebbe ancora ma sarebbe tutto molto più povero. Il calcio ha dovuto mantenere un circo che non poteva permettersi in generale e di sicuro non senza la Juve. Alla fine di questa corsa il Milan è arrivato stremato perché Berlusconi ha di colpo pagato anche la sua lunga militanza politica. Ora è tutto vero, quello che il Milan sta facendo non è da vecchio Milan. Ma quel Milan non esiste più. 
     

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