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Sconcerti a CM: 'L'Italia non può fare a meno di Tonali e Scamacca. Gnonto? Mancini rivede se stesso. Serie A, sarà il mercato dei grandi vecchi'
«Io ho visto una squadra che non può fare a meno di Tonali, anche se non ha giocato benissimo, ma è moderno e straordinario nel difendere e nell’attaccare. E credo che non potrà fare a meno di Scamacca. E’ un giocatore aritmico, non penso sarà mai completo, ma se non altro tira in porta, l’ha fatto più lui di Immobile e Belotti messi insieme. Un’idea di fondo buona di Mancini è stata quella di mettere Pellegrini al posto di Insigne. Il giallorosso è l’unico che lo può sostituire».
Altre considerazioni sui singoli?
«Non mi è piaciuto Frattesi, che mi sembra propenso a seguire la sua fase confusa, a differenza di quanto fa nel Sassuolo, dove lui è ordinato in una squadra organizzatissima. Non mi è piaciuto Pessina, ma ha delle scusanti: in questa stagione ha avuto una valanga di infortuni. Penso però che Pessina sia un giocatore interessantissimo, quindi vale la pena aspettare. Florenzi ha portato qualcosa in più, mi è piaciuto. In assoluto credo che Dimarco sia migliore di Biraghi. E poi c’è Zaniolo, che è comunque una grande risorsa».
Ora sembra che il nuovo fenomeno sia Gnonto. Per carità, è interessante e crescerà; ma non ti sembra che stiamo raschiando il fondo del barile?
«In fondo però è giusto fare così, vista la situazione. Comunque Gnonto ha 18 anni e ha già più di trenta partite con le nazionali Under. E’ il migliore di quelli che ci sono dai diciannove anni in giù. Ha fatto tutte le nazionali giovanili, e sempre giocando con i più vecchi. Era nella Primavera dell’Inter, pur essendo il più giovane. Insomma, non è un’invenzione straordinaria, quella di Mancini: ha preso un ragazzo pronto fiscalmente e anche mentalmente e l’ha fatto giocare. Come del resto era già successo».
Convocò Zaniolo che non aveva ancora messo piede in Serie A.
«Mancini in questi giocatori rivede se stesso. Non si innamora di loro, ma è innamorato dell’idea di se stesso giovane e talentuoso, non a caso ha fatto debuttare Gnonto a Bologna, la città dove il Mancio ha mosso i primi passi in Serie A».
Come si piazza l’Italia rispetto ad altre nazionali?
«Indietro di sicuro, non è un caso se siamo fuori dal Mondiale. Credo che dentro un campionato di 20 squadre oggi l’Italia sia tra il 7° e l’8° posto. Sarà interessante vedere come giocheremo con l’Ungheria, perché gioca all’italiana».
Passiamo al mercato allenatori: pensi che Mourinho possa davvero essere tentato dal Psg?
«A me sembra strano che se ne possa andare da Roma. Cero, Mourinho sarebbe l’allenatore ideale del Psg. Quello che ha fatto di più a Parigi è stato Tuchel e lui e Mou sono molto simili. Mou porta con sé la religione dei dettagli. E’ il migliore quando si tratta di disciplinare una squadra abituata a vincere, ma deve stravincere, cioè deve affermarsi in Champions League. Ma ripeto: credo che Mourinho resterà alla Roma».
Non pensi che la Juve sul mercato stia andando in tutte le direzioni eccetto quella che le serve, cioè un uomo d’ordine a centrocampo. «La Juve farà un buon mercato, di questo sono convinto. Qualcosa però non mi torna. Io ho dei dubbi anche su Simeone, uno che deve giocare sempre altrimenti lo perdi. Si sottovaluta spesso il fatto che è la società stessa a dire che ha grandi difficoltà economiche, anche se la tifoseria non se lo vuol sentir dire. Per esempio Maxime Lopez sarebbe un giocatore da Juve, così come lo stesso Torreira, giocatori che occupano un ruolo che la Juve non ha, nemmeno prendendo Pogba».
E in generale che mercato ci aspetta?
«La Serie A non può più prendere i grandi giocatori, così prende i grandi vecchi. I primi due acquisti sono stati due di 33 anni, Mkhitaryan e Matic, tutti e due a costo zero. Se non altro sarà un mercato divertente perché si muoveranno in tanti».
Ti chiedo infine un tuo ricordo di Gianni Clerici, scomparso oggi a 91 anni.
«Credo che nel suo campo Clerici sia stato a livello di Gianni Brera, con una scrittura completamente diversa, talmente bella e lineare da diventare personale. Brera inventava le parole, Clerici le aveva tutte dentro e le usava come nessuno. E aveva una qualità che oggi si è persa nelle nuove generazioni: la competenza totale».