Sciopero:| Abete 'Mi vergogno'
Abete: "Mi sto vergognando, se la Lega non firma è per altri motivi. Li dica...".
Fuori rosa, ecco il rimedio Figc: ma lo sciopero resta in agguato.
Quando parla dell'articolo 7 del contratto collettivo dei calciatori, il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete ammette il proprio imbarazzo. «Mi vergogno un pò visto che questo articolo sembra essere più importante di uno della Costituzione...», dice il numero uno federale, ma è proprio sull'interpretazione della norma dei veleni che si sta giocando la partita dello sciopero. Il tempo stringe, il campionato rischia di deragliare già alla sua prima tappa nel prossimo fine settimana così la lettura su come e in quali condizioni una società possa far allenare a parte un proprio tesserato diventa il confine fra la serrata o la regolare partenza della serie A.
Cosa cambia ora che l'interpretazione della Federcalcio sul testo dell'articolo 7 è sul tavolo dell'Associazione calciatori e su quello della Lega di A? L'Aic ha già firmato il nuovo contratto collettivo e nel dare carta bianca ad Abete chiedeva che la disposizione sul tema dei fuori rosa rimanesse scritta come nel vecchio accordo. Obiettivo raggiunto? Il testo non cambierà, ma, nelle tre pagine del vademecum della Figc, vengono precisati alcuni passaggi che, adesso, verranno vivisezionati dai club. «....per ambiente consono alla sua dignità professionale deve intendersi quello dedicato al gruppo di prima squadra....», e ancora: «....corrisponde una facoltà della società, attraverso il suo staff tecnico, di organizzare la preparazione per il raggiungimento di tali obiettivi, anche attraverso allenamenti differenziati per ragioni tecniche temporanee...». Ambiente di prima squadra e non prima squadra, dunque.
E, poi, allenamenti differenziati: concetti che sembrano aprire alle richieste di una Lega di A impegnata a rivendicare per i singoli allenatori la facoltà di organizzare il proprio lavoro anche dividendo i giocatori in più gruppi, fra cui quello degli «indesiderati». Ma proprio il ragionamento su una prima squadra «allargata» e il fatto di legare alle «temporaneità» gli allenamenti differenziati hanno fatto sobbalzare le stesse società. Il destino del campionato sembra, così, restare in bilico e lo sarà fino all'assemblea della serie A di domani a Roma. Abete è andato oltre alla lettura tecnica delle tre pagine di interpretazione spiegando come «per un allenatore è praticamente impossibile e contro logica allenare quaranta giocatori tutti insieme...», così il presidente federale.
«Allo stesso tempo - continua Abete - non si può far allenare un tesserato alle otto del mattino e nei casi in cui qualcuno non viene portato in ritiro, bisognerà valutare ogni singola storia». Nelle riflessioni della Lega è chiaro che il riferimento della Figc al concetto di «allenamenti differenziati» pesa in positivo, ma, a pesare, è anche la diffidenza nella gestione federale. «Se i club non firmano il contratto collettivo - così Abete - per questa norma, vuol dire che c'è altro». Il pensiero corre immediatamente alla svolta di venerdì scorso quando le quattro leghe (serie A, B, lega Pro e Dilettanti) hanno annunciato che in futuro prenderanno decisioni di politica federale con un unico denominatore comune. Tradotto: avranno sempre il 70 per cento dei voti in consiglio federale. Il calcio si interroga anche sul contributo di solidarietà. «Se ci sarà da pagarlo, i giocatori lo faranno. Ma - così Abete - niente caccia all'untore: i calciatori le tasse le hanno sempre pagate».