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Scandali, denunce e pochi soldi: il River Plate non produce (più) talenti
Il processo di reclutamento, se così vogliamo definirlo, non è però piaciuto alle altre società. Una in particolare, l'Argentinos Juniors, è arrivata perfino a denunciare la situazione all'AFA, la federazione argentina, minacciando di portare – se fosse stato necessario - il caso legato ai Millonarios davanti alla FIFA. L'Argentinos è riconosciuto unanimemente come il miglior settore giovanile d'Argentina, così il River ha pensato bene di portargli via i canterani migliori, avvicinandoli – pare – con metodi poco leciti.
Al centro delle attenzioni millionarie c'erano quattro giocatori, uno dei quali era Alexis Mac Allister, enganche e talento considerato tra i più promettenti del paese. Il caso si è poi sgonfiato col passare dei mesi, ma la denuncia del presidente del Bicho Malaspina ancora oggi rimane da monito per gli altri club: "Siamo venuti a sapere – ha raccontato il numero uno dell'Argentinos – che il River ha avvicinato quindici nostri ragazzi a nostra insaputa, promettendo mari e monti e creandoci diversi problemi. Per noi è inaccettabile e da adesso vigileremo più attentamente".
Il motivo principale che ha spinto il River Plate a usare mezzi borderline è il buco qualitativo nel quale si è imbattuto negli ultimi anni. Arrivato al club nel 2014, Marcelo Gallardo si era trovato una squadra sì da rilanciare, ma con molte opzioni a disposizione per il tanto atteso ricambio generazionale. Sotto la direzione del Muñeco sono cresciuti tanti ragazzi nati tra il 1991 e il 1995, un quadriennio straordinario non solo dal punto di vista della produzione del talento, ma anche dal lato economico. Con la sola cessione di Manuel Lanzini, Ramiro Funes Mori, Matías Kranevitter e Germán Pezzella, la società ha incassato circa 36 milioni di euro, un'enormità se rapportata al contesto in cui opera il River Plate. Poi, inspiegabilmente, il processo di crescita si è arrestato, e non è un caso che proprio quando il club non è più riuscito a finanziarsi con le cessioni, anche i risultati abbiano subito un ridimensionamento.
Rodolfo D'Onofrio, presidente in carica dal 2013, non ha le risorse economiche del Boca Juniors (che può permettersi spese folli) né ha trovato vita facile al suo arrivo, con le casse societarie svuotate dalla scellerata presidenza Passarella. "Stiamo lavorando per riportare il settore giovanile ad alti livelli – ha dichiarato D'Onofrio un anno fa al sito ufficiale della società - ma non è facile: tanti ragazzi ci hanno lasciato a causa della precedente gestione".
E le grane sembrano non essere finite qui: un anno esatto dopo lo scandalo con l'Argentinos ecco spuntare il caso legato a Paul Charpentier, talento del Nueva Chicago che secondo Daniel Ferrero, segretario del Torito, sarebbe stato adescato da alcuni emissari della Banda convincendolo a non presentarsi più agli allenamenti per forzare la cessione. "Doppia morale, zero credibilità: questo è Rodolfo D'Onofrio, questo è il River Plate" ha scritto Ferrero in un tweet dai toni feroci, guadagnandosi una multa dalla federazione e una denuncia dal collega.
Moralità a parte, rimangono i problemi legati al campo. Negli ultimi due anni soltanto tre under 20 sono riusciti a farsi largo con continuità in prima squadra. Il primo è Sebastian Driussi, ceduto poi allo Zenit per 15 milioni di euro, seguito da Giovanni Simeone ed Emanuel Mammana. Lunga, invece, la lista dei fallimenti: da Augusto Solari ad Alexander Barboza, passando per Denis e Guido Rodríguez, Ezequiel Cirigliano e Augusto Batalla. Quest'ultimo rappresenta il caso più clamoroso: da titolare nelle rappresentative giovanili argentine a protagonista, suo malgrado, di video parodia contenenti le sue papere diventati virali su internet.
Una discesa netta, che fotografa perfettamente la situazione in casa River Plate. Al quale, per invertire la rotta, serviranno capacità, idee e soprattutto tanti soldi.