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Scaloni sbaglia tutto e l'Argentina torna a nascondersi dietro Messi: per l'Albiceleste scatta subito il processo
Don't cry for me, Argentina. Qui però Evita Peròn non c'entra nulla ed è l'Argentina a versare di nuove calde lacrime per un esordio choc ai Mondiali in cui i pronostici la accreditano all'altezza del Brasile nel ruolo di favoritissima per la vittoria finale. La sconfitta contro l'Arabia Saudita in un raggruppamento tutt'altro che banale - completato da Messico e Polonia - non solo fa saltare i piani del ct Scaloni di instradare da subito il discorso qualificazione e mandare un messaggio alle rivali, ma lancia pure segnali preoccupanti sulla tenuta mentale di un gruppo che troppo spesso si perde sul più bello. L'unico motivo per guardare avanti con ottimismo è che anche ad Italia '90, quando Maradona e compagni cadderò al debutto di San Siro contro il Camerun di Milla e Oman Biyik, poi giunsero in finale.
LA SOLITA STORIA? - Pechos frios. Un termine questo che ha spesso definito l'atteggiamento poco coraggioso di molti calciatori della Selecciòn, soprattutto quelli dai quali ci si aspettava un ruolo di leadership per trascinare il resto del gruppo verso il grande risultato. Si era giustamente detto che questo gruppo di calciatori, capace di mettere in fila 36 risultati utili consecutivi prima dell'incredibile ko di oggi - l'ultima sconfitta era arrivata contro il Brasile nella semifinale di Copa America del 2019 - fosse profondamente diverso a quelli precedenti: Messi come guida spirituale di un manipolo di ragazzi cresciuti nell'ammirazione per l'idolo di gioventù ma non succubi della sua personalità. Ragazzi come De Paul, Paredes e Lautaro Martinez, ai primi Mondiali in carriera e poi altri giovani in rampa di lancio come Molina, Romero, Enzo Fernandez e Julian Alvarez. Talento, tanto talento, guidato sin qui in maniera perfetta da un commissario tecnico con pochissima esperienza come Lionel Scaloni, ma abile nel gestire uno spogliatoio di questo livello.
SCALONI SBAGLIA TUTTO - E invece, nel momento del primo esame di maturità, anche l'ex giocatore della Lazio (a sua volta al debutto su questo palcoscenico) ha dato l'idea di perdersi nei meandri di una formazione eccessivamente osé e l'Argentina è tornata quella di sempre. Prigioniera delle sue presunte certezze, convinta che contro l'Arabia Saudita di turno bastasse nascondere il pallone e seguire il proprio andamento lento. La secchiata di acqua ghiacciata rovesciata sulle facce dei giocatori sudamericani dalla tattica spregiudicata e iper-aggressiva di Renard e la fame messa sul campo da Al-Dawsari e compagni hanno fatto il resto. Il primo colpo di scena di questa discussa edizione dei Mondiali è servita e per l'Albiceleste il tempo dei processi da parte del tribunale del pueblo è adesso. L'Argentina piange riscoprendosi ancora una volta più fragile di quanto credesse.
LA SOLITA STORIA? - Pechos frios. Un termine questo che ha spesso definito l'atteggiamento poco coraggioso di molti calciatori della Selecciòn, soprattutto quelli dai quali ci si aspettava un ruolo di leadership per trascinare il resto del gruppo verso il grande risultato. Si era giustamente detto che questo gruppo di calciatori, capace di mettere in fila 36 risultati utili consecutivi prima dell'incredibile ko di oggi - l'ultima sconfitta era arrivata contro il Brasile nella semifinale di Copa America del 2019 - fosse profondamente diverso a quelli precedenti: Messi come guida spirituale di un manipolo di ragazzi cresciuti nell'ammirazione per l'idolo di gioventù ma non succubi della sua personalità. Ragazzi come De Paul, Paredes e Lautaro Martinez, ai primi Mondiali in carriera e poi altri giovani in rampa di lancio come Molina, Romero, Enzo Fernandez e Julian Alvarez. Talento, tanto talento, guidato sin qui in maniera perfetta da un commissario tecnico con pochissima esperienza come Lionel Scaloni, ma abile nel gestire uno spogliatoio di questo livello.
SCALONI SBAGLIA TUTTO - E invece, nel momento del primo esame di maturità, anche l'ex giocatore della Lazio (a sua volta al debutto su questo palcoscenico) ha dato l'idea di perdersi nei meandri di una formazione eccessivamente osé e l'Argentina è tornata quella di sempre. Prigioniera delle sue presunte certezze, convinta che contro l'Arabia Saudita di turno bastasse nascondere il pallone e seguire il proprio andamento lento. La secchiata di acqua ghiacciata rovesciata sulle facce dei giocatori sudamericani dalla tattica spregiudicata e iper-aggressiva di Renard e la fame messa sul campo da Al-Dawsari e compagni hanno fatto il resto. Il primo colpo di scena di questa discussa edizione dei Mondiali è servita e per l'Albiceleste il tempo dei processi da parte del tribunale del pueblo è adesso. L'Argentina piange riscoprendosi ancora una volta più fragile di quanto credesse.