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    Sassuolomania: per chiudere in bellezza, aprire un ciclo!

    Sassuolomania: per chiudere in bellezza, aprire un ciclo!

    Che società gloriosa, il Genoa! Domenica, voltate le spalle al Valli e al maxi-schermo, davanti al quale si era riunito speranzoso il pubblico granata (la Reggiana si stava giocando i play off con il Bassano), ho notato sul colletto di una maglia rossoblù (era un tifoso del Genoa che mi camminava davanti) la precisa data di nascita del Grifone: 1893. Sono stati lì tutto il primo tempo a sventolare qualche bandiera in segno di amicizia, forse di gemellaggio, non me ne intendo di queste cose. Poi, tutti al Mapei, ed io con loro, risalendo la corrente in apprensione dei granata. Sapevo che era il club più longevo d'Italia, avevo già sentito parlare del mitico Spensley, però leggere direttamente coi miei occhi un dettaglio così, stampato o cucito che fosse, di sfuggita nella calca, mi ha procurato un certo grado di riverenza.  Potete immaginare, allora, quale impatto può avere avuto sentire la curva Nord mentre mi avvicinavo alla biglietteria, o ancor di più vedere dagli spalti 3500 tifosi rossoblù inneggiare la propria squadra in trasferta, l'ultima di campionato. Quando, alcuni dicono, non conta più nulla. Palle. Dall'altra parte la curva del Sassuolo, gremita poco poco, tardava ad infoltirsi, ancorché l'arbitro avesse già fischiato il calcio d'inizio e con molti minuti di ritardo. Date queste premesse, e aggiungendo la differenza in classifica, l'esito della partita pareva già condizionato. Invece tutt'altro.

    I giocatori di Di Francesco sono scesi in campo con la determinazione delle migliori volte, correndo loro, su tutti i palloni, loro, come prossimi all'Europa. Sembravano sfidare un'onda di tsunami, il pubblico avversario, sospesa e incombente dietro ai pali della Nord e trattenuta per uno strano miracolo dalle reti divisorie.

    Dopo soli tre minuti, ennesimo assist di Missiroli e quindicesima rete stagionale di Berardi. Si sarebbero confrontati i numeri dell'attaccante calabrese con quelli di Messi, di lì in avanti, visto che a vent'anni entrambi hanno segnato 30 gol, nei rispettivi campionati.

    Poi Zaza, e le sue due esultanze a mezza strada tra un saluto e una dichiarazione d'amore. Che forse, sono cose che coincidono, un saluto e una dichiarazione d'amore. Non contento di aver segnato due reti splendide, che meriterebbero ognuna di essere raccontata, oltre che vista e rivista, e volendo firmare a tutti i costi la sua prima tripletta col Sassuolo, ci ha provato pure su rigore, nella ripresa. Dopo aver preso la rincorsa, si è girato come qualsiasi rigorista si gira per correre a calciare, solo che ad un tratto si deve essere accorto di quell'onda là, a soli undici metri di incombenza. Tra lui e l'onda, poi, un certo Lamanna, vice-Perin che aveva già fregato gente come Tevez e Ljajić.

    Diremmo che la partita si è giocata a un ritmo inverosimile, se fossimo italiani della peggior specie. Non ci sapremmo capacitare di certa intensità, di certi falli, oppure dell'espulsione di Izzo, preso in velocità da Sansone, innescato ancora una volta da un raffinatissimo suggerimento di Missiroli. Del trio d'attacco neroverde, Sansone, pur avendo disputato una buona gara, è stato l'unico a non trovare la via del gol. Peccato, che il suo finale di stagione sia stato inversamente proporzionale all'attenzione prestatagli da Conte: al pari di Zaza e Acerbi, infatti, anche il piccolo esterno neroverde parteciperà al prossimo stage azzurro, la sua prima volta.

    Doveva essere la festa del Genoa, di quell'illusione chiamata Europa League che in questi giorni, ritirato il ricorso, è sfumata definitivamente, e invece è stata la festa del Sassuolo. Iniziata dal rinnovo fino al 2017 di Di Francesco, nel pomeriggio, e terminata con l'addio al calcio giocato di Bianco, futuro dirigente. Scriviamo "terminata", anche se, più che di chiusura, aveva tutta l'aria di una festa d'apertura.   

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